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Giorgia Meloni, l'ultimo successo: toh, l'Italia cresce più di Francia e Germania

L’Istat certifica un aumento del Pil dello 0,3% nel primo trimestre, meglio di Parigi e Berlino. Giorgetti: "Si conferma l’efficacia delle nostre politiche"
di Sandro Iacometti giovedì 1 maggio 2025

3' di lettura

Il Paese cresce e lo fanno pure i salari? È vero, ma guai a dirlo. La giornata inizia male per la narrazione declinista di opposizioni e sindacati. In mattinata l’Istat snocciola dati che dimostrano senza equivoci la “resilienza” (ora si dice così) dell’Italia. Nei primi tre mesi dell'anno il Pil è salito dello 0,3% (lo 0,6% su base annua). Un buon inizio, considerando gli abituali ritmi di crescita italiani. L'accelerazione rispetto al +0,2% di fine 2024 non è uno sprint da Formula 1, ma è comunque meglio di quanto fatto da Germania e Francia, rispettivamente +0,2% e +0,1%, ed è in scia con l’avanzamento dell'Eurozona, che nello stesso periodo ha messo a segno un +0,4%. Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, non perde tempo ad esprimere la sua soddisfazione: «È un segnale importante che dimostra la correttezza delle nostre previsioni e l'efficacia delle politiche economiche del governo». Commenti dalle opposizioni? Nessuno. Che si cresca mentre impazza la bufera dei dazi e mezza Europa è in recessione è scontato.

Sinistra e sindacati, d’altro canto, sono troppo impegnati ad esultare per i dati diffusi, quasi in contemporanea, dall’Ocse sul cuneo fiscale. Udite udite, il nostro costo del lavoro è troppo alto: per i single senza figli ha raggiunto il 47,1%, confermandosi largamente sopra la media del 34,9%. Si può e si deve fare qualcosa? Sicuramente sì. Bisognerebbe farlo da diversi decenni. E ogni anno che passa, compresi quelli in cui ha governato il centrosinistra, è sprecato. Detto questo, anche sul cuneo c’è chi sta peggio di noi. E guarda caso sono sempre le due principali economie europee, Francia (47,2%) e Germania (47,9%).

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Ma la furia contro il governo si scatena all’ora di pranzo, quando Giorgia Meloni comunica in un video lo stanziamento di 1,2 miliardi (con 650 milioni di nuove risorse) per la sicurezza sul lavoro. Dopo i contestatissimi decreti degli ultimi due anni, stavolta il premier stavolta ha deciso di procedere in coordinamento con le parti sociali, rinviando la decisione sui singoli interventi al termine del confronto con sindacati e associazioni di categoria. Sforzo inutile. Neanche così l’iniziativa viene digerita. Le critiche sul contenuto dell’annuncio («una buffonata», «non siamo fessi», «solo propaganda», ecc) non sono però paragonabili a quelle scatenate dalle parole con cui il presidente del Consiglio sceglie di accompagnarlo.

Il tema è il mancato aumento dei salari, che solo un paio di giorni fa era stato sollevato anche dal presidente Sergio Mattarella. La verità, secondo Meloni, è che quelli «reali crescono in controtendenza rispetto al passato» e c'è una dinamica che è «migliore non peggiore rispetto al resto d'Europa» dice la premier facendo un confronto tra 2013-2022 e quello che sta accadendo, da «ottobre 2023» quando la «tendenza è cambiata». Apriti cielo. «Racconta un Paese che non c’è», tuona Elly Schlein. «Vive su Marte», aggiunge Giuseppe Conte. E giù una sequela interminabile di insulti: bugiarda, influencer, gioca sulla pelle dei lavoratori, dà i numeri, s’inventa gli aumenti...

Ora, assodato che da trent’anni gli stipendi degli italiani crescono poco (così come la produttività che dovrebbe spingerli), che sono ben più bassi della media europea e di quella Ocse, che l’inflazione degli ultimi anni ha peggiorato la situazione, l’inversione di tendenza è tutt’altro che una bufala marziana. L’appiglio di opposizioni e sindacati è il bollettino Istat di un paio di giorni fa secondo cui le contribuzioni reali di marzo sono ancora inferiori di circo l’8% rispetto a quelle di gennaio 2021. Che è vero, ovviamente, perché l’inflazione all’8,1% del 2022 e quella al 5,7% del 2023 hanno portato sottozero il potere d’acquisto. Però con la riduzione del costo della vita e il rinnovo di molti contratti, esattamente da ottobre 2023 i salari hanno iniziato a crescere più dei prezzi. Tant’è che secondo l’Istat nel 2024, per la prima volta dal 2020, il potere d’acquisto (le contribuzioni reali) è cresciuto dell’1,3%. Troppo poco? Sicuramente sì. Ma chi lo nega vive su pianeti ben più distanti di Marte.

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