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Dell'Utri, le grane degli interpreti che devono tradurre il mafioso

di Nicoletta Orlandi Posti domenica 20 aprile 2014

2' di lettura

Il ministero della Giustizia ha chiesto alla Procura generale di Palermo di inviare tutti gli atti del processo di Marcello Dell’Utri, che dovranno essere tradotti in arabo e mandati a Beirut, in virtù della convenzione tra i due Paesi, che dovrà essere applicata per chiedere l’estradizione dell’ex senatore del Pdl accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. Secondo un’interpretazione più restrittiva, comunque, dovranno essere tradotte solo le sentenze, che sono già quattro e sono lunghe mediamente 500 pagine l’una, quindi un totale di oltre tremila pagine, 3064 per la precisione. Tempi stretti - Tutto il materiale dovrà essere inviato a Beirut entro il 12 maggio, data in cui dovrebbe scadere la misura cautelare internazionale applicata a Dell’Utri, arrestato a Beirut il 12 aprile. Il problema è che la Cassazione emetterà la sentenza, la quinta della saga, solo il 9 maggio, quindi i traduttori avranno veramente pochi giorni per completare il lavoro indispensabile affinchè Dell'Utri non sia rimesso in libertà.  Un lavoro tutt'altro che semplice. Racconta la Stampa che sono stati precettati, nel senso che non faranno Pasqua, Pasquetta, 25 aprile e 1° maggio, ben dodici interpreti dell'ufficio affari penali del ministero della giustizia che dovranno produrre tutte le traduzioni indispensabili per la richiesta di estradizione. Gergo mafioso - Un team che dovrà trovare il modo, sottolinea il Giornale, di rendere in arabo il gergo mafioso, incomprensibile in altre lingue, di cui sono piene le cinque sentenze. Come ad esempio, punciutu, mandamento, uomo d'onore, famigghia, e così via: parole che devono essere spiegate più che tradotte. L'impresa dunque non sarà affatto semplice e c'è il rischio concreto che non si faccia in tempo a presentare i documenti. L'unica consolazione, scrive la Stampa, almeno per le casse dello Stato è che l'operazione è a costo zero, perché si tratta di dipendenti ministeriali già in servizio.

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