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Enrico Tranfa, il giudice che si è dimesso dopo l'assoluzione di Berlusconi fece arrestare sei persone inguistamente

di michele deroma domenica 26 ottobre 2014

2' di lettura

Ha destato clamore la scelta, da parte di Enrico Tranfa, di lasciare il proprio incarico in magistratura (presidente della Corte d'Appello di Milano) dopo l'assoluzione di Silvio Berlusconi nel processo Ruby. Una scelta, quella di mollare, dovuta al dissenso rispetto alla scelta del collega giudicante e, ha spiegato, in dissenso rispetto alla legge Severino. Una scelta, secondo Tranfa, nel nome della giustizia. Peccato però che la toga uscente, nel suo passato, abbia alcuni scheletri nell'armadio. Le magagne le racconta Roberto Lassini a Il Giornale, arrestato nel 1993 (con altre cinque persone) per una presunta concussione, e scarcerato 42 giorni dopo: al processo, i sei imputati sono stati tutti assolti, con formula piena. Un episodio importante, dato che era l'epoca di Mani Pulite. A decidere per quegli arresti che si sono poi rivelati errori, fu proprio Enrico Tranfa, all'epoca gip di Milano. L'errore di Tranfa - Ad essere arrestati, oltre a Roberto Lassini (all'epoca sindaco di Turbigo, cittadina sul Ticino), furono tra gli altri Serafino Generoso, democristiano, e il fratello di Lassini, Cesare, ex sindaco. "So cosa successe a noi - spiega Roberto Lassini -, Tranfa ci spedì dritti in cella, il 22 giugno 1993, e ci lasciò dietro le sbarre a lungo. Ci saremmo rimasti ancora, chissà per quanto, forse fino alla scadenza dei termini di custodia cautelare. Uscimmo per fortuna il 2 agosto, perché Generoso stava facendo uno sciopero della fame durissimo e stava male, malissimo, sempre peggio. Un gip di turno ci tirò fuori". Al processo i testimoni smentirono il "super-accusatore", il quale sosteneva che Lassini aveva provato a portarsi a casa 300 milioni di lire da un consorzio di imprenditori. Il risultato fu che i sei imputati furono tutti assolti, con formula piena. La temibile procura di Milano, durante gli anni di Mani Pulite, non fece neppure appello. Le riflessioni di Lassini - Da avvocato, Lassini ricorda quanto accaduto e vuole fare una notazione tecnica: "Se ci fosse stato il gip collegiale, come Forza Italia chiedeva da tempo, forse Tranfa sarebbe stato messo in minoranza, come è successo al momento di decidere il destino di Berlusconi, e io e gli altri non saremmo stati chiusi in una cella". Sempre in qualità di avvocato, Lassini racconta di avere spesso incrociato Tranfa, nei corridoi del Palazzo di giustizia milanese: "Non mi ha mai parlato: nessun accenno a quel passato ingombrante, e nessuna scusa per quanto successo". Il caso Ruby? "Non so cosa ci sia dietro questo gesto di Tranfa. Mi pare tutto così oscuro, indecifrabile: dettato forse da ragioni personali".

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