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Dalla crisi delle calzature all'edilizia tridimensionale: la storia di Enrico Dini

di Giulio Bucchi domenica 6 aprile 2014

3' di lettura

L'ultimo contratto l'ha firmato in Far East «dove sono ben più conosciuto che in Italia», spiega Enrico Dini da Pontedera. Ma la settimana scorsa il leader di Dinitech ha risposto ad una richiesta dal comune di Barcellona. Il progetto? La Sagrada Familia 2, la vendetta. «Ovvero un parco di laboratori per le produzioni in 3D più una Mansera, 100 metri per 100, per sviluppare edilizia in puro stile Gaudì». Intanto, tra Dubai ed il Bahrein presto potrebbe prender vita la barriera corallina edificata dalle stampanti dell’ingegner Dini, ovvero le case per i pesci stampate con la sabbia, in attesa di applicare il know how italiano all’edilizia per gli umani. Porte in faccia - Basta così. Si rischia di far torto all’ingegner Dini di Pontedera, figlio di uno dei collaboratori di Vittorino D’Ascanio (il padre della Vespa), relegandolo nella categoria dei geni incompresi, alla Archimede Pitagorico. Ma non è così: Dini è un tecnologo sopravvissuto alla crisi di un settore, quello delle calzature, messo sotto dall'invasione cinese nel 2003. Soprattutto è un imprenditore che, nel 2008, si è visto sbatter la porta in faccia da banche, venture capital e geni del made in Italy troppo preoccupati da Lehman Brothers per investire nell’idea già sviluppata da san Dinitech, la ditta di Enrico e del fratello Riccardo. Eppure, con una una manciata di milioni, non più di 5, ovvero più o meno il 4 per cento di quanto bruciato in Tassara, Risanamento od Alitalia, si poteva garantire una leadership italiana con un grande futuro: l’edilizia in 3D. A partire dalla macchina costruita in un garage, come sempre capita nella storia della new technology dai Dini brothers: una stampante sei metri per sei che lavora come un comune inkject stendendo fogli di sabbia su cui scrive con l’inchiostro-collante; passaggio dopo passaggio si crea un cubo di granelli che alla fine del procedimento vengono spazzolati via fino a rivelare la creazione. «Un principio - spiega -inventato presso i laboratori Mit di Boston alla fine degli anni Ottanta. La tecnica consiste nel realizzare un prodotto depositando il materiale a strati». «Bastava investire 5 milioni in D-Shape nel 2008 per assicurare all’Italia una leadership inattaccabile in un modo nuovo di fare edilizia, con un ritorno moltiplicato per cento se non di più». Il tutto con una tecnologia rivoluzionaria che permette di eliminare quasi del tutto il trasporto dei materiali in quanto D-Shape edifica stratificando millimetro su millimetro sabbia cavata in loco e trasformata in roccia con leganti estratti dall’acqua di mare, mentre lo spessore, la densità, la forma, il colore della roccia sono dettati da un semplice file Cad. Barriera corallina - Al contrario, come sempre capita, l’ingegner Dini si è reso conto che è davvero difficile esser profeta in patria nel Bel Paese. Ma non si è certo perso d’animo. Da allora l’ingegner Dini ha applicato il suo know how in tante direzioni. La tecnologia D-Shape, del resto, può esser utilizzata in qualunque settore che faccia uso di tecnologie di progettazione Cad: dall’edilizia all'architettura per interni, dal design alla scultura. E così in casa Dini si progettano (e si vendono) stampanti per realizzare gazebi, piscine, chaise longue o, se volete, torri campanarie, altari piuttosto che pilastri, ponti o depuratori. O imprese più ambiziose perchè non passa giorno senza che arrivi una richiesta dalla Cina (dove sono già nate le case in 3D) alla Russia, dal Sud Africa all’Australia, o dagli Stati del Golfo. Magari per creare tramite stampante, un’oasi nel deserto usando la sabbia o per creare, sulle rive di Dubai, una barriera corallina stampata con la roccia del posti. Ma , sospira Dini, «sarebbe bello fosse targata made in Italy». Come la Vespa, figlia di una stagione, gli anni Sessanta, in cui Pontedera «che negli anni Sessanta era un po' come Pechino, con un esercito di operai che entrava in fabbrica al mattino e ne usciva alla sera». E l’Italia cresceva: perchè non provarci di nuovo? di Ugo Bertone

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