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Processo RubyI legali chiedono le attenuanti generiche"Il Cav è da vent'anni in politica"

Gli avvocati ricordano che "all’imputato erano state concesse le generiche nelle sentenze di primo grado lodo Mondadori e Ariosto-Sme in quanto era stata presa in considerazione la vita politica ma anche le condizioni di vita sociale e individuale"
di Nicoletta Orlandi Posti domenica 19 gennaio 2014

3' di lettura

Nel ricorso in appello contro la condanna a 7 anni di carcere nel processo Ruby, gli avvocati di Silvio Berlusconi sostengono che debbano essere concesse almeno le circostanze attenuanti generiche al loro assistito. "A tale fine - osservano Niccolò Ghedini e Pietro Longo - acquista certamente giuridico rilievo il ruolo pubblico rivestito per quasi un ventennio come presidente del Consiglio in quattro governi e come personaggio politico di spicco; l’età dell’imputato che ha compiuto 77 anni". "Sono tutte circostanze - è la loro tesi - di altissimo pregio ai fini sia della quantificazione della pena finale sia della concessione delle generiche". E per convincere i giudici d’appello a concedere le generiche all’ex premier, nel caso di una nuova condanna anche in secondo grado, i legali richiamano a sentenze passate: "All’imputato erano state concesse le generiche in questione nelle sentenze di primo grado lodo Mondadori e Ariosto-Sme in quanto era stata presa in considerazione la vita anteatta ma anche le condizioni di vita sociale e individuale". Sentenza illogica e contraddittoria - L'appello di Longo e Ghedini ovviamente punta ad annullare la condanna a sette anni inflitta a Silvio Berlusconi dal Tribunale di Milano. La tesi che sostengono i legali è che la sua motivazione "è illogica, contraddittoria e apparente". Tra i motivi d’impugnazione vengono indicati una ventina di provvedimenti disposti dal Tribunale, tra cui quello che ha dato l'ok all’utilizzazione di numerose intercettazioni. Silvio Berlusconi sarebbe stato vittima "del più clamoroso caso di 'intercettazione indiretta' di un parlamentare (perdipiù, presidente del Consiglio all’epoca dei fatti contestati) mai avvenuto", scrivono gli avvocati. "E' assolutamente certo - spiegano - che tutte le captazioni di conversazioni o le acquisizioni di tabulati sono state effettuate da parte della Procura di Milano al precipuo scopo di cercare di reperire prove e riscontri anche e innanzitutto a carico dell’onorevole Berlusconi e, solo marginalmente, a carico di Mora, Fede e Minetti, giudicati in separato giudizio". I soldi a Ruby - Ricostruendo quanto accaduto in Questura la notte tra il 27 e il 28 maggio 2010 quando l’ex premier chiamò interessandosi dell’affidamento della giovane marocchina, i legali si soffermano sul ruolo dei funzionari di polizia e in particolare su quello di Pietro Ostuni destinatario della telefonata di Berlusconi, in quel momento a Parigi per un incontro istituzionale. “Non è facile commentare prospettazioni così sconnesse dalla  realtà”, scrivono i legali. “Vi sono molteplici e convergenti elementi che inducono a sostenere che i   soggetti che erano venuti in contatto con Karima fossero pacificamente  tutti convinti che si trattasse di persona maggiorenne”. E ancora: “Non vi è alcuna prova agli atti che Ruby sia stata destinataria di ingenti somme di denaro, salvo quelle accertate nel processo con causale di mera liberalità a titolo  di aiuto economico a un soggetto in difficoltà”. Nei motivi d’appello si sostiene che il Cav abbia elargito dei soldi “non certo per comprare la teste, nemmeno con l'ipotizzata ma non provata promessa di ricompensa per fare la  pazza”. Secondo i legali Ruby “ha reso dichiarazioni nel complesso assolutamente sfavorevoli nei confronti dell’imputato, ad esclusione della costante negazione di atti sessuali con l’imputato”. Per la   difesa “se fosse stata una teste compiacente e addomesticata perchè pagata, non avrebbe di certo assunto un simile atteggiamento dichiarativo”. Gli assegni alle Olgettine - Nell'appello si affronta anche il capitolo dei bonifici bancari per le olgettine.  “Si potrà eventualmente ritenere che tali versamenti di 2.500 euro nel corso del processo siano inopportuni, ma essi risalgono all’anno 2012 e precisamente al mese di marzo”, scrivono i legali i quali evidenziano come peraltro quasi tutte le testimoni abbiano ricevuto in  passato “delle liberalità dall’imputato”. Per questo la difesa   rimarca che “non è affatto vero che i pagamenti mensili siano iniziati nel 2011 e collegare siffatti pagamenti alla riunione del 15 gennaio 2011 appare una vera e propria 'creazione' del Tribunale”. 

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