Gianfranco Fini ha cambiato look. Novella 2000 ha pubblicato una serie di foto che lo ritraggono sulla spiaggia di Sabaudia, stravaccato al sole con le trippe di fuori e un grazioso cerchietto rosa con fiorellini sul cranio, a fare da spartiacque tra i capelli radi. Va detto che è un bel passo avanti: rispetto allo scolapasta che ha portato in testa fino a ieri, decisamente meglio il cerchietto. C’è però un elemento di continuità con il passato recente, ovvero la scelta del rosa. Potrebbe sembrare casuale, ma non lo è. Se ben ricordate la tinta pastello è la stessa delle cravatte che Gianfranco sfoggiava quand’ancora si credeva l’enfant prodige dell’antiberlusconismo. Ve la ricordate la scena madre? Era il 2010 e Fini si alzò in piedi durante la direzione del Pdl, proprio mentre parlava Silvio. Gli puntò il ditino contro e gli ringhiò: «Che fai, mi cacci?». Bene, al collo portava un cravattone preso direttamente dalla collezione Alta Moda Tecnocasa: nodo robusto da agente immobiliare o, al massimo, televenditore di materassi. I più, quando lo videro, furono colti da un dubbio atroce: ma perché Fini ha un salmone affumicato legato al collo? Che la Tulliani gli abbia preparato il pranzo al sacco? Si vocifera che un senatore azzurro, al momento di mettersi a tavola, abbia cercato di tagliargli con un coltellaccio una fetta di cravattone per insaporire le fettuccine. Ora il rosa ritorna sotto forma di accessorio per capelli. E conferisce a Fini - in tandem col ventre morbido e il nasone arrossato - un aspetto languido da pensionata inglese in vacanza. Dopo tutto, a ognuno il suo: in tempi non sospetti il Cavaliere si palesò in località balneari munito di bandana e fu spernacchiato dall’universo mondo. Gianfranco, con anni di ritardo, ha risposto alla propria maniera. Lo ha fatto a Sabaudia, per altro. Città di fondazione fascista, lampeggiante esempio di razionalismo architettonico tricolore ideato dagli architetti del Gruppo Piccinato. Adesso, dopo i gerarchi, ospita l’uomo che ha distrutto il Msi e poi Alleanza Nazionale. Pare che la locale Casa del Fascio, quando l’ha saputo, si sia smantellata da sola, trasferendosi in centro a Latina. Infine, resta un ultimo dubbio: a chi appartiene quel cerchietto? Può darsi che Fini se lo sia fatto prestare, magari da qualcuno di famiglia o da una vicina d’ombrellone. In quel caso, ci spiace per il legittimo proprietario. Sai com’è: gli dai un cerchietto dieci minuti e se lo tiene tutto il giorno; gli dai una casa da usare per il partito e lui ci mette il «cognato»… Bisogna stare attenti, a prestargli le cose. Oppure c’è il caso che Gianfranco se lo sia comprato da solo, forse da un ambulante sulla spiaggia, promettendogli in cambio di farlo diventare italiano in due giorni con la sua prossima legge sull’immigrazione. Magari l’ha preso in previsione della gita a Mirabello, dove interverrà oggi alla Festa Tricolore, storico appuntamento della destra italiana, che Fini cercò di trasformare in presidio di Futuro e libertà, salvo mollare mestamente il colpo dopo il clamoroso smacco alle urne. Se così fosse, Gianfranco avrebbe comunque fatto un errore. Per tornare a Mirabello dai militanti, sul capo non deve mettersi un cerchietto. Piuttosto, un’abbondante quantità di cenere. di Francesco Borgonovo