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Senatori a vita, in lizza c'era anche Benigni. Niente da fare: la poltrona era bella

Il Quirinale nomina 4 autorità culturali-scientifiche: Rubbia, Abbado, Cattaneo e Piano. Non c'è spazio per politici (Gianni Letta) e attori idoli della sinistra...
di Ignazio Stagno sabato 31 agosto 2013

3' di lettura

Senatori a vita. Rieccoli. Dopo la scomparsa di Sergio Pininfarina, Rita Levi Montalcini e Giulio Andreotti il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ne ha nominati altri 4: sono Abbado, Piano, Cattaneo e Rubbia. Smentite in parte le indiscrezioni trapelate sul Corriere della Sera, che dava in pole position Gianni Letta, consigliere di Berlusconi e grande mediatore con il Colle nei momenti più critici. Lo zio del premier Enrico ha una lunga carriera politica alle spalle. Dopo aver abbandonato la professione giornalistica, per anni e ancora oggi è il pontiere più fidato tra il Colle e il centrodestra. E' un uomo abituato a muoversi tra le stanze delle istituzioni e l'esperienza maturata negli anni come sottosegretario alla presidenza del Consiglio durante i governi Berlusconi, gli è valsa la stima indiscussa di Napolitano. Sarà per un'altra volta, sempre che al Quirinale non arrivi un presidente spiccatamente anti-Cav (Rodotà?). Gli altri nomi sul tavolo erano quelli di Romano Prodi e di Silvio Berlusconi. Nelle scorse settimane è circolata l'ipotesi di spedire a palazzo Madama in tandem come senatori a vita i due ex premier "in nome della pacificazione". Ma il Colle su questa ipotesi tentennava. Poi c'erano anche le opzioni Marco Pannella e Stefano Rodotà. Ma anche in questo caso Re Giorgio non è rimasto convinto.  Il caso Benigni - Secondo il Corriere, fonti quirinalizie affermavano che tra i nomi della "società civile" c'era anche quello di Roberto Benigni, "stimatissimo da Napolitano", dicono voci dal Colle. E sull'ipotesi Benigni si sarebbe subito aperta la polemica. Di sicuro l'attore non ha quel profilo imparziale e distaccato richiesto da una carica, come quella di senatore a vita, per cui è imprescindibile uno spessore personale in grado di unire e identificare le anime del Paese. Benigni anche durante le sue letture dantesche non ha mai risparmiato critiche e sberleffi a Berlusconi. E anche durante la sua performance sulla Costituzione italiana non è stato certo tenero con l'elettorato di centrodestra. Mandarlo a palazzo Madama con scranno e vitalizio di sicuro sarebbe stato un colpo basso per una parte del Paese. Benigni però è in buona compagnia. Gli altri nomi su cui il Colle ha detto no sono quelli di Riccardo Muti (collega di Claudio Abbado), Andrea Camilleri, Ennio Morricone, Claudio Magris. Scalfari fregato -  Ma a restare davvero deluso dalla scleta del colle è Eugenio Scalfari. Il fondatore di Repubblica da tempo era in pole position per uno scranno a palazzo Madama. Per Scalfari sono bastati probabilmente i suoi editoriali degli ultimi tempi, in cui, si è schierato apertamente con Napolitano sulla vicenda della trattativa Stato-Mafia. In dei uno suoi ultimi editoriali è riuscito perfino a denunciare l’illegittimità dell’intercettazione della telefonata tra Mancino e Napolitano nell’ambito delle trattative Stato – mafia. Secondo Scalfari è stato commesso un gravissimo illecito, anche perché "il capo dello Stato non può essere né indagato né intercettato e nemmeno soggetto a perquisizione fino a quando non sia stato sospeso dalle sue funzioni attraverso un’apposita sentenza della Corte Costituzionale". Insomma i "messaggini di affetto" per il Colle non sono piaciuti a Napolitano. Che al giornalista ha preferito architetti, scienziati e direttori d'orchestra. (I.S.)

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