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Ecco la lettera da mandare a Napolitano

Per concedere la clemenza, il capo dello Stato attende una domanda ufficiale. Quella per Sallusti la fece La Russa, legale del giornalista, ma non in quel procedimento. Su quel modello, abbiamo scritto una richiesta per il Cav. Invitiamo qualche suo avvocato a firmarla
di Lucia Esposito sabato 31 agosto 2013

4' di lettura

Ma che vuole Napolitano? Intendiamo che vuole fare con Berlusconi?  Cuocerlo a fuoco lento fino a quando sarà bollito per poi mangiarselo? Oppure barattare un’eventuale grazia con un’uscita di scena silenziosa del leader del Pdl? Che gli voglia fare un piacere lo escludiamo, anche perché i due non si sono mai amati e il colpo di fulmine senile è improbabile. Dunque? A rileggere ciò che è accaduto in questo mese e mezzo, cioè dai giorni precedenti la condanna del Cavaliere a oggi, si fatica a orientarsi. Un giorno di metà luglio, quando noi di Libero anticipammo il tema della grazia, il Quirinale reagì con violenza verbale, bollando le nostre sollecitazioni come «analfabetismo politico», quasi che il tema non si potesse neppure discutere. Poi però, a sentenza ormai pronunciata, di fronte alle richieste dei capigruppo del Popolo della Libertà lasciò intravedere qualche spiraglio e, in seguito a un articolo del Corriere della Sera che escludeva qualsiasi possibilità di clemenza da parte del  Colle, non esitò a diffondere una nota in cui lasciava aperta la strada di un suo provvedimento. Atteggiamento ribadito poi con la famosa lettera, in cui - è vero - la vincolava a una richiesta da parte del condannato o degli aventi diritto, ma in fondo non escludeva la grazia. Di più. Nei giorni scorsi, mentre il dibattito sulla decadenza del Cavaliere dal Senato si faceva infuocato, rischiando di infiammare un Pd alle prese con un congresso e una sfida tra correnti, il presidente della Repubblica usava la solita indiscrezione sul Corriere della Sera per  diffondere il suo pensiero a proposito della famosa proposta Violante, annunciando che il Quirinale seguiva con molta attenzione la discussione attorno alla tesi dell’ex presidente della Camera. Salvo poi lasciar spegnere ogni entusiasmo da parte di uno degli esponenti più noti del suo cerchio magico, ossia l’ex direttore dell’Unità Emanuele Macaluso. Come se non bastasse, a sorpresa venerdì Napolitano ha deciso di nominare quattro nuovi senatori a vita, tutti di sinistra, rafforzando così il governo Letta e togliendo a Berlusconi uno degli argomenti principali con cui finora si è fatto forza nel richiedere un provvedimento quirinalizio, quello dei numeri e della tenuta della maggioranza di governo. Mossa che non solo a noi ma anche alla stampa di diverso colore (L’Unità: «Napolitano spiazza Berlusconi»; il Fatto: «Quattro senatori del Colle per incastrare Berlusconi») è parsa procedere in una direzione, ovvero quella di abbandonare il capo del centrodestra al suo destino, lasciandolo disarmato di fronte al plotone d’esecuzione che la sinistra e i grillini gli stanno preparando in Senato. A questo punto la domanda in premessa è d’obbligo: qual è la linea del Quirinale? È la solita doppiezza togliattiana («Io faccio finta di aiutarti, ma poi ti fotto», come ha spiegato l’altra sera su La 7 il direttore del Fattoquotidiano online Peter Gomez  e come forse sospetta lo stesso Berlusconi) oppure c’è dell’altro che ancora non ci è chiaro?  In queste ore molte voci girano e molti accreditano varie tesi, compresa quella che Napolitano lavori per mettere in sicurezza il governo (e questo si sa) e per ottenere una mezza genuflessione del Cavaliere. Finora, a chi ha prospettato la grazia, il presidente della Repubblica ha risposto dicendo di volersi attenere alla prassi, rifacendosi all’atteggiamento dei suoi predecessori. In pratica, il capo dello Stato ha fatto capire che, come per il caso Sofri, senza domanda non c’è clemenza, precisando che anche per l’agente della Cia condannato per il rapimento Abu Omar il provvedimento è giunto solo dopo che la richiesta dell’avvocato. Bene. Siamo andati a rileggerci l’ultima misura in ordine di tempo concessa dal Colle, cioè quella che ha riguardato Alessandro Sallusti e che noi per primi sollecitammo. Formalmente a presentarla fu Ignazio La Russa, cioè un ex ministro e parlamentare che alle Camere aveva raccolto le firme a favore del direttore del Giornale. Ma il leader di Fratelli d’Italia non sottoscrisse la missiva in quanto politico, ma come avvocato difensore di Sallusti. Non nel procedimento che aveva portato alla condanna, ma in un altro.  Nella lettera La Russa spiega che il giornalista non chiede la grazia personalmente per coerenza con la sua battaglia contro una pena che ritiene spropositata, ma è pronto ad accettare completamente le decisioni di Napolitano. Come dire: non la chiede, ma l’accetta. Per questo, autonomamente, La Russa presentò la domanda di grazia al presidente  «come ulteriore segno della saggezza e sensibilità che ha contraddistinto tutto il suo operato».  È questo ciò che vuole Napolitano?  È una lettera formale di un avente diritto, cioè di un legale di Berlusconi  (non di Ghedini o di Coppi, anche un avvocato in un procedimento diverso da quello da cui è scaturita la condanna), il passaggio richiesto per dare avvìo alla pratica? Ottimo. Se è così, riportiamo per comodo dei difensori il testo rivisto e corretto sostituendo il nome di Sallusti con quello di Berlusconi. E invitiamo uno dei tanti prìncipi del foro di cui dispone il Cavaliere a sottoscriverlo e inviarlo al Colle. Noi, per quel poco che contiamo, la firma l’abbiamo già messa.  Maurizio Belpietro  maurizio.belpietro@liberoquotidiano.it

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