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Le porte spalancate a chi predica l'odio

di Mario Sechi martedì 16 dicembre 2025

2' di lettura

Un imam non è una figura qualsiasi, è il predicatore, il capo religioso dei musulmani, colui che guida la preghiera, insegna il Corano, applica la legge islamica, gestisce la moschea, mantiene i rapporti con lo Stato, è il leader spirituale che dà consiglio ai fedeli e influenza i modelli di comportamento della sua comunità.

L’imam di Torino che ha definito la strage degli ebrei del 7 ottobre come un atto di resistenza, non è un soggetto qualsiasi, non è un tipo che passa per strada la cui parola fila via liscia inosservata, egli non esprime un’opinione tra le tante, le sue parole sono come un precetto, sono la linea che deve seguire un fedele dell’islam. La decisione dei magistrati di liberare un tale soggetto crea sconcerto, dimostra come i giudici siano diventati non solo un potere antagonista rispetto alla politica, ma un corpo estraneo alla realtà, una casta che applica la legge fuori dal contesto storico, applicando un formalismo giuridico che finisce per negare l’idea di giustizia.

La legge non è fuori dalla storia, ne fa parte, e quando la sentenza è contraria all’evidenza dei fatti e allo spirito del tempo, allora siamo di fronte a un problema, che in questo caso riguarda la sicurezza degli italiani. Dichiarare simpatia per Hamas non è un dibattito accademico, quando quel sentimento è espresso dal capo di una moschea, è un invito a militare in quella maniera nel nome di Allah. Nei giorni della strage degli ebrei in Australia, nel moltiplicarsi degli atti di antisemitismo in Italia, durante le celebrazioni di Hanukkah, la festa delle luci, è calato il buio sulla giustizia italiana.

Il referendum sulla separazione delle carriere è fondamentale, votare sì rappresenta un punto di partenza indispensabile per riformare profondamente l’organizzazione del sistema giudiziario e cambiare la cultura dei magistrati. Se un imam può impunemente predicare l’odio verso gli ebrei, allora siamo di fronte a un sistema che non sta garantendo la libertà di espressione, ma sta minando i pilastri della convivenza, perché mette in pericolo le vite della comunità ebraica in Italia, ma dà l’idea che tutto sia permesso, è il via libera a qualsiasi manifestazione di intolleranza, dall’assalto verbale a quello a mano armata.

Il giudice non ha sempre ragione, abbiamo visto decine di migliaia di casi in cui ha torto (e non paga mai l’errore), in questo caso siamo di fronte a qualcosa di enorme che va oltre il singolo episodio, riguarda la cultura di chi ha il potere di assolvere e condannare, il bilanciamento dei poteri, la fiducia dei cittadini nel funzionamento dello Stato, di cui i tribunali sono parte essenziale. Se la polizia arresta e il giudice scarcera, non si aprono le porte della cella, ma i cancelli del caos.
 

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