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Ingroia adesso è costretto a lavorare

L'aspettativa per motivi elettorali è scaduta l'11 marzo: dopo il flop nelle urne il leader di Rivoluzione Civile è fuori ruolo senza giustificazione. Ora il Csm procederà d'ufficio per trovargli un incarico
di Nicoletta Orlandi Posti domenica 24 marzo 2013

Antonio Ingroia

4' di lettura

di Mattias Mainiero  Avvertite il rivoluzionario (civile): nella vita si lavora. Magari, prendendosela comoda, ma andando in ufficio. O in fabbrica. O in redazione. È anche possibile iscriversi alle liste di collocamento. Ma qualcosa bisogna farla, soprattutto se si è grandicelli. Il rivoluzionario (sempre civile) è Antonio Ingroia. Lo conoscete, non c’è bisogno di grandi presentazioni: uomo di legge, faceva il procuratore aggiunto di Palermo, prima che l’Onu gli offrisse un posto in Guatemala. Rotti gli indugi, è sceso in politica. Voleva andare in Parlamento assieme a Di Pietro e ad un gruppetto di ex comunisti e anche qualche ex grillino. Gli italiani li hanno rispediti in blocco a casa: caro Antonio e caro Tonino, non è roba per voi, non ci piacete. E cosa fa un uomo di legge quando gli elettori lo bocciano? Dovrebbe tornare a fare l’uomo di legge. E a lavorare. Ovvio. Ma lui non lo fa. Lui, Ingroia Antonio, 54 anni (auguri per il compleanno del prossimo 31), è diventato un caso: è l’unico magistrato italiano non eletto che non ha ancora chiesto di tornare in servizio. Si è autosospeso nel limbo dell’aspettativa elettorale, che però è ampiamente scaduta, e del collocamento fuori ruolo, che però non ha più alcuna valida giustificazione. Dottor Ingroia, ma le sembra giusto? E a chi sta aspettando? Sarà pur vero che alle elezioni ha preso solo il 2,25 per cento dei voti alla Camera (1,79 al Senato). Risultato misero se non miserrimo. Ma il 2,25 per cento degli elettori italiani (1,79 per cento quelli del Senato) che ha creduto in lei ora aspetta una sua decisione: ha votato uno scansafatiche, un aspirante disoccupato, un indeciso cronico? Dottore, scenda dalle sue civili barricate, torni con i piedi per terra: è stato trombato, lo ha capito, vero? L’aspettativa è terminata l’11 marzo e lei non può far finta di niente. Si decida: è un politico o un magistrato? Il dottore, da quest’orecchio, non ci sente. E si copre anche un po’ di ridicolo. Dichiarazione rilasciata dal cinquantaquattrenne Ingroia qualche giorno fa. Gli avevano chiesto: dottore, cosa farà ora? Lui, candidamente: non ho ancora le idee chiare sul mio futuro. Cinquantaquattro anni. Tornerà a fare il magistrato oppure abbandonerà definitivamente la toga e continuerà con la politica? Domanda semplice. Risposta alquanto allucinante: la decisione è prematura. Chissà, forse Ingroia non ha ancora capito che lo hanno trombato. E così, in assenza di decisioni e comunicazioni al Csm, è stato lo stesso Consiglio superiore della magistratura a scendere in campo e ad aprire una pratica relativa al caso dell’ex procuratore aggiunto. Onestamente non sappiamo cosa ci sia scritto sulla cartellina. Presumiamo: signor rivoluzionario (civile), si dia una mossa. Lei è un giudice, mica Robespierre che fa sempre di testa sua (e talvolta fa anche saltare le teste altrui). Per la cronaca: a sollevare il caso Ingroia ieri mattina durante il plenum del Csm è stato il consigliere laico del Pdl Niccolò Zanon. Ha spiegato che l’ex procuratore aggiunto, già collocato fuori ruolo per svolgere l’incarico Onu in Guatemala, non ha chiesto, come prevede il regolamento, il ricollocamento e dunque che il Csm deve provvedere d’ufficio. Ha anche aggiunto che Ingroia, nel frattempo, frequenta i salotti televisivi e discute pubblicamente di politica. Non si fa. Questo non si può fare. Michele Vietti, vicepresidente, ha risposto: la terza commissione ha chiesto l’apertura di una pratica per il ricollocamento di tutti i magistrati che si trovano fuori ruolo senza una giustificazione. L’apertura della pratica sarà autorizzata dal comitato di presidenza e la commissione potrà procedere. Bartolomeo Romano, laico del Pdl: a me basta che Ingroia scelga, è un suo diritto e anche un suo dovere, il bon ton avrebbe voluto che facesse domanda di ricollocamento. Non si escludono guai disciplinari per Ingroia che ha continuato a fare politica dopo la scadenza dell’aspettativa elettorale (ieri mattina era ad Agorà, Rai3, per parlare di consultazioni e di nuovo governo). Tecnicamente parlando, Ingroia adesso è un disoccupato, sia pure di lusso. Niente seggio in Parlamento e niente ufficio giudiziario. E il suo ricollocamento si preannuncia tutt’altro che semplice. Dato per scontato che per cinque anni non potrà svolgere il ruolo di pubblico ministero (incompatibile), per lui si prospetta un futuro da giudice (sarà, come detto, il Consiglio superiore della magistratura a procedere d’ufficio e a proporgli uno dei posti vacanti nei vari distretti giudiziari). Ma Ingroia si è candidato in tutta Italia, e questo, almeno teoricamente, lo rende di nuovo incompatibile con tutti i distretti. Un bel rompicapo che il Csm, regolamento alla mano, sicuramente riuscirà a risolvere. E anche Antonio Ingroia sarà costretto a lavorare. Ogni tanto una buona notizia. P.S. L’ex procuratore aggiunto tempo fa ha definito Silvio Berlusconi un’anomalia politica. Non sappiamo, viste le aspettative e i collocamenti fuori ruolo, i risultati elettorali e le prese di posizione del Csm, se parlasse da magistrato o da politico. A questo punto, però, sappiamo che le anomalie sono piuttosto numerose. Non le pare, dottore?

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