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Mandate via i clandestini delinquenti

Altro che i kazaki. Gli irregolari colpiti da provvedimenti di espulsione restano in Italia a commettere crimini. La Shalabayeva invece...
di Andrea Tempestini domenica 28 luglio 2013

4' di lettura

Anche se noi ci permettiamo di nutrire qualche dubbio, la Costituzione dice che tutti gli italiani sono uguali davanti alla legge. Di sicuro però l’uguaglianza in tribunale non è garantita ai clandestini. Infatti per un’Alma Shalabayeva che parte - espulsa in tutta fretta e rispedita a casa su un jet privato - ci sono decine di immigrati entrati illegalmente in Italia che restano. Ieri in prima pagina abbiamo narrato le gesta di un nordafricano ubriaco che ha ferito a coltellate tre connazionali muniti di regolare permesso di soggiorno.  Una volta fermato si è scoperto che l’uomo era già stato espulso in passato, ma nessuno si  era preoccupato di accompagnarlo alla frontiera e di verificare che l’oltrepassasse. Non solo: dopo essere stato identificato dai carabinieri, l’egiziano svelto di coltello è stato rimesso in libertà con un invito a ripresentarsi l’indomani per ottenere il decreto di espulsione. Facile immaginare che appena scarcerato il giovanotto se la sia data a gambe levate, facendo perdere le proprie tracce: di lui si sentirà probabilmente parlare la prossima volta che alzerà il gomito. Il caso contrasta con il trattamento vip riservato alla moglie del banchiere ed esule kazako? Certamente, ma la storia dell’accoltellatore, espulso ma lasciato libero di restare in Italia, è una delle tante che si possono ascoltare frequentando le questure. Ne volete altre fresche di giornata? Eccole. A Padova succede che un italiano spara a un ladro e lo ferisce.  Come al solito si scatena il dibattito sulla legittima difesa,  se cioè sia lecito premere il grilletto di fronte a qualcuno che entra in casa tua per derubarti, e l’opinione pubblica si divide tra innocentisti e colpevolisti. Tuttavia il punto non è se il derubato abbia fatto bene a sparare oppure no, ma perché il giovane albanese si trovasse in casa d’altri. Il giovanotto, essendo più volte stato colpito da ordini di espulsione, in quell’abitazione di Padova non avrebbe dovuto esserci. Anzi: non avrebbe dovuto essere in Italia, perché per ben tre volte era stato invitato a levare le tende.  Due volte nel 2011, su ordine delle Questure di Milano e Aosta, e una terza nel 2012, ancora dalla Questura di Milano. Perché invece era  qui e non in Albania? La risposta è un mistero più difficile da svelare di quello di Fatima. Storia più o meno analoga quella accaduta a Lodi, dove un marocchino di 35 anni è stato beccato a fregarsi i cavi di rame. Processato per direttissima, dopo la prima udienza l’extracomunitario è stato rimesso in libertà. Il provvedimento è motivato dall’assenza di precedenti penali  per il tipo di reato per cui è stato processato. L’uomo infatti ha già avuto a che fare con la giustizia italiana, ma «solo» per  resistenza a pubblico ufficiale e per rissa: dunque per i magistrati non c’è alcuna urgenza di rispedirlo a casa e  il processo si può fare con tutta calma. Peccato che quando sarà ora di comparire davanti al giudice, il marocchino sarà già uccel di bosco. Essendo senza fissa dimora sarà anche assai improbabile notificargli gli ordini di comparizione e ancor più difficile processarlo ed espellerlo. Se poi  ognuno dei soggetti che abbiamo menzionato fa richiesta d’asilo potete stare certi che non ce li scrolleremo più da dosso, proprio come accadde con Mada Kabobo, il ghanese che avrebbe dovuto essere rispedito a casa da mesi ma che una mattina di metà maggio decise di ammazzare a picconate tutti quelli che incontrava.  L’uomo era noto alle forze dell’ordine, ma avendo fatto domanda d’asilo era riuscito a restare in Italia, vivendo ai margini. Per lui non c’era nessuna fretta e nessun volo privato in partenza.  Non essendo un clandestino vip,  non c’era alcun diplomatico a reclamarlo. Così come nessuno ha reclamato l’egiziano o il marocchino di Lodi, oppure l’albanese di Padova. I quali, come tanti altri clandestini colpiti da decreto di espulsione, potranno impiparsene di quanto deciso dalla Questura. Ora, noi non pretendiamo che ci sia un ambasciatore che si dia da fare per riportarsi a casa il connazionale. E nemmeno esigiamo che l’allontanato venga imbarcato alla velocità della luce su un jet noleggiato per l’occasione.  Ci basterebbe che anche i clandestini fossero uguali davanti alla legge. Se uno è espulso dev’essere espulso.  Se viene arrestato mentre ruba dev’essere prima giudicato e poi  avviato alle patrie galere, cioè al suo Paese. Altro che svuota carceri e sconti di pena. Il modo migliore per liberare le celle è prendere tutti quelli che non sono italiani e mandarli a scontare la condanna a casa loro. Dato che quasi la metà dei detenuti sono stranieri, con tanti bei decreti di espulsione avremmo  risolto il problema del sovraffollamento. E forse, sveltendo un po’ le pratiche di allontanamento, anche quello dei troppi delinquenti a piede libero e liberi di delinquere. P.S. Ieri la Corte costituzionale ha sentenziato che nel caso degli stupri di gruppo bisogna evitare il carcere preventivo e mandare i presunti violentatori ai domiciliari. I lettori sanno quanta poca simpatia nutriamo per la custodia cautelare, ma forse ci sono reati un po’ meno gravi ai quali applicare misure alternative prima dello strupro di gruppo. Nel quale, tra l’altro, pare che una delle tre condizioni previste dal codice (l’inquinamento delle prove) sia piuttosto fondata. di Maurizio Belpietro @BelpietroTweet

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