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Cancellieri e Pd in ostaggiodei giudici onnipotenti

Il ministro è salvo grazie a Napolitano, ma il suo futuro è in mano ai pm. I democratici, con le inchieste da Nord a Sud, non esultano. Da 20 anni è così: comandano le toghe
di Ignazio Stagno domenica 24 novembre 2013

4' di lettura

Invece di concedere la grazia a Silvio Berlusconi, come nei mesi scorsi aveva lasciato intendere di voler fare, Giorgio Napolitano la grazia l’ha fatta ad Annamaria Cancellieri, salvandola dalla mozione di sfiducia che i Cinque Stelle avevano presentato contro di lei per l’affare Ligresti. Obbedendo al volere del presidente della Repubblica, il Pd ha dunque ingoiato la rospa, costringendo il suo segretario-traghettatore a contorsioni verbali pur di giustificare il voto a favore del ministro della Giustizia. Un’operazione spregiudicata che rischia di lasciare il segno proprio dentro il Partito democratico, dove l’assoluzione della Guardasigilli è stata tutt’altro che indolore. Tra i compagni sono volate parole grosse e, pur senza nominarlo, Pippo Civati ha dato dello «str...» a Gianni Cuperlo, colpevole di aver calato le braghe dinanzi al volere del capo dello stato. Un dibattito alto e raffinato, svoltosi alla vigilia delle primarie, cioè della competizione che dovrebbe dare un nuovo volto al partito democratico. Se due dei concorrenti, Civati e Cuperlo, finiscono a male parole si può già immaginare dove finirà il Pd. Tuttavia, a uscire peggio dal voto di ieri non sono i due candidati a perdere, ma il vincitore annunciato, cioè Matteo Renzi, il quale a pochi giorni dal suo annunciato trionfo, dimostra o di non contare nulla dentro il partito che pretende di guidare oppure di essere - per dirla alla maniera di Stefano Ricucci - un moralista con il c... degli altri. Mentre il sindaco di Firenze si esprimeva a favore delle dimissioni della Cancellieri, i suoi onorevoli infatti votavano in senso opposto, salvandola  e salvando il governo. Ovviamente il sospetto che Renzi abbia finto di voler affondare la ministra, accettando per calcolo di tenerla a galla, è forte e, come diceva Andreotti, a pensar male si fa peccato ma spesso ci si azzecca. Il nuovo corso del Partito democratico nasce dunque sotto il segno del peggior trasformismo. Come ai bei tempi del Pci, non si vota secondo coscienza ma secondo convenienza, e in questo caso i princìpi morali che tante volte vengono richiamati dalla sinistra finiscono sotto i tacchi.  Ma nonostante il voltafaccia del Pd, tutto ciò rischia di essere inutile. Innanzitutto perché dalla Procura filtrano nuove carte del caso Ligresti che gettano altre ombre sul Guardasigilli. Dall’interrogatorio dell’ingegnere di Paternò si apprende che i rapporti con l’allora prefetto Cancellieri erano molto stretti, tanto stretti da indurre il finanziere ora agli arresti a esaudire i desideri della funzionaria statale, la quale sarebbe stata su sua richiesta raccomandata a Berlusconi per un posto di commissario a Parma. È per questo che il ministro si prese tanto a cuore le sollecitazioni dei famigliari dell’ex padrone della Sai? È a causa dei favori ricevuti in passato che la Cancellieri non ha saputo dire no alle telefonate ricevute dalla famiglia Ligresti? Di certo il discorso tenuto ieri in Parlamento dal responsabile della Giustizia non ha chiarito questi interrogativi e anche la sua smentita di fronte alla diffusione dell’interrogatorio dell’ingegnere siciliano non ci è parsa in grado di fugare i dubbi. La spregiudicata operazione tenuta a battesimo dal Quirinale, oltre a costare politicamente molto al Pd, non restituisce inoltre l’innocenza ad Annamaria Cancellieri, la quale nonostante abbia incassato il voto di fiducia del Parlamento, rimane un Guardasigilli a rischio. Nelle dichiarazioni dei giorni scorsi lei stessa aveva fatto intendere di non voler essere un ministro dimezzato, ma nei fatti lo è. Anzi: la numero uno della Giustizia è in pratica nelle mani dei giudici, i quali ancora una volta sono arbitri della situazione politica. È toccato a loro lavorare di codice penale per evitare che la situazione precipitasse. E sempre loro, le toghe, hanno trovato l’escamotage giuridico di un’indagine senza indagati. Si procede per accertare se vi siano reati ma senza specificare di che reati si tratti e chi possa anche ipoteticamente averli commessi. Oggi come oggi, la Cancellieri e il suo destino sono in una specie di limbo giudiziario, che certo non è la condizione migliore per esercitare il ruolo di ministro della Giustizia. Nostra signora dei miracoli (di Ligresti) è come se fosse sospesa. Anzi, in attesa di giudizio. In queste condizioni non c’è soltanto il Guardagilli, ma lo stesso Pd, stretto dalle indagini sia a Nord che a Sud. A Milano il suo più importante proconsole, l’ex bersaniano Filippo Penati deve rispondere di un danno erariale da 120 milioni per la torbida operazione dell’autostrada Serravalle, a Salerno il suo sindaco di bandiera, il renziano De Luca, attuale sottosegretario del governo Letta, è sfiorato da un’indagine che riguarda le primarie e il successo bulgaro del candidato di Matteo Renzi. Insomma, sul Pd, sul suo rinnovamento, sulla presunta superiorità morale si staglia ancora una volta l’ombra delle Procure. I magistrati sono i giudici supremi del nuovo che avanza: una storia vecchia di almeno vent’anni. di Maurizio Belpietro @BelpietroTweet

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