Roma, 29 ott. - (Adnkronos) - "Per sette anni mi e' stato impedito di esercitare il mandato di difensore in un processo in cui gli imputati erano in realta' le vittime di un comportamento illecito di chi aveva falsificato le liste elettorali in danno del presidente uscente, Francesco Storace, e di una gogna mediatica". Lo afferma l'avvocato Romolo Reboa, commentando la sentenza di assoluzione nel processo di appello del cosiddetto 'Laziogate'. "Finalmente la corte di appello di Roma ha dichiarato che il fatto, cioe' il cosiddetto 'Laziogate' - prosegue - non sussisteva ed ha assolto non solo gli imputati, ma anche l'avvocato che era stato incaricato di rivolgersi alla magistratura per chiedere giustizia. Accusare gli avvocati di concorso nei fatti imputati ai loro assistiti e' uno dei tanti modi con il quale in Italia si lede il diritto di difesa. La mia vicenda giudiziaria mi ha portato a scoprire che non sono l'unico avvocato che si e' ritrovato sul banco degli imputati per avere esercitato la difesa con correttezza e senza compromessi. In questo caso i rappresentanti istituzionali dell'Avvocatura restano inerti, rinunciando cosi' a porre la categoria quale ultima barriera di quella civilta' giuridica di cui un tempo l'Italia andava fiera". "Ora che la giustizia e' stata fatta - conclude - intendo impegnare me e la mia rivista, 'InGiustizia la Parola al Popolo', con tutte le forze affinche' i casi di avvocati costretti a difendersi per avere esercitato il proprio ruolo non restino occulti. L'Italia non puo' cadere nel giustizialismo. Non vi e' giustizia senza difesa, senza difensori preparati e indipendenti".