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Ecco il "papello" di Bersani: Lascia il Quirinale a Casini

Il piano segreto dei big del Pd per spartirsi le poltrone in caso di vittoria. Due caselle vuote: Colle e Senato
di Lucia Esposito sabato 18 agosto 2012

3' di lettura

  Un vero e proprio patto di sindacato tra i big del Partito democratico. Per spartirsi i posti chiave in caso di vittoria alle prossime elezioni politiche nel 2013. Con un dirigente del Pd che mette nero su bianco in una sorta di “papello” il poltronificio tra gli esponenti di spicco di Pier Luigi Bersani. A rivelarlo è il Foglio, cui il dirigente Pd ha tracciato il quadro del piano architettato da D’Alema & C. con un accordo tra le correnti di maggioranza e minoranza per estromettere le nuove leve e i rottamatori alla Matteo Renzi, mettendo partito e governo nelle solite mani. A partire proprio dal segretario. Che, nel papello del Pd, è previsto a Palazzo Chigi o, in alternativa, al ministero dell’Economia. A seguire ci sono altri cinque nomi: Walter Veltroni alla presidenza della Camera, Massimo D’Alema alla Farnesina oppure commissario europeo, Rosy Bindi nel ruolo di vicepremier, Enrico Letta a occupare il posto di Corrado Passera al ministero dello Sviluppo e Dario Franceschini che dovrebbe tornare a fare il segretario del partito, eletto nel congresso che si svolgerà nell’autunno del 2013. Nel papello mancano due posti chiave, probabilmente lasciati a Pier Ferdinando Casini e Nichi Vendola: il Quirinale, cui ambisce il leader centrista, e la presidenza del Senato, che potrebbe toccare al governatore pugliese o a un altro esponente di Sel.  In questo disegno, naturalmente, ci può essere anche un po’ di fantapolitica. Ma che i maggiori dirigenti del Pd, sotto l’attacco dei rottamatori di Renzi e della fame di poltrone di Udc e Sel, si preparino a difendere le loro posizioni è politicamente verosimile. A ridosso di elezioni in cui si pensa di vincere è normale che nel partito in pole position si inizi a pensare al futuro organigramma del potere e a come riempire le caselle del Palazzo. Ma farlo ora, a otto mesi dal voto, sembra davvero un po’ presto. Difendere l’attuale nucleo dirigenziale non è il solo obiettivo del patto, che punta anche a rafforzare la segreteria di Bersani, tenere unite sotto lo stesso tetto le diverse anime del partito e, infine, andare compatti alla trattativa con Vendola e Bersani per mettere le basi al nuovo centrosinistra. Dal partito di Bersani, naturalmente, si smentisce. «Mi sembra una grande sciocchezza, totale fantapolitica», sostiene Francesco Boccia, «con una coalizione tutta da costruire, elezioni da vincere e congresso da fare, trovo assurdo che qualcuno possa pensare di difendere la propria posizione con un patto del genere. Che, tra l’altro, va contro l’essenza stessa del Pd. Perché noi siamo un partito davvero democratico, senza padri padroni, e i militanti ci farebbero a pezzi. Chi ne ha parlato forse soffre di mitomania». E anche altri esponenti democratici negano la possibilità di un simile accordo. «Non esiste proprio», tagliano corto dalla segreteria di Bersani.  Il disegno, dicevamo, manca di due tasselli fondamentali. E lasciare libero il Quirinale potrebbe essere la mossa giusta per convincere definitivamente Casini a scegliere l’alleanza con il Pd. Mentre concedere le primarie di coalizione potrebbe essere quella per rafforzare il legame con Vendola. Ma alcune parti del Pd guardano anche alle possibili fughe dal Pdl. Come Beppe Fioroni. Secondo cui «il futuro è una coalizione tra una grande area riformista e una moderata in cui c’è Casini ma anche molto di più, ovvero tutti quelli che hanno capito che il berlusconismo è finito», dice l’ex diccì. Che però non rivela in quale delle due aree lui si schiererebbe.  di Gianluca Roselli    

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