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Scontro finale a Kiev: alle 20.45 l’Italia sfida i campioni in carica della Spagna In palio il titolo che ci manca da 44 anni. Ballottaggio Balzaretti-Abate
di Eliana Giusto sabato 30 giugno 2012

2' di lettura

A pensarci bene, sono gli spagnoli che ci devono qualcosa, altro che biscotto rifiutato. Se, quel 22 giugno a Vienna, De Rossi e Di Natale fossero stati impeccabili dal dischetto, Euro 2008 avrebbe avuto un diverso epilogo e la Spagna non avrebbe avviato il quadriennio di successi. A Kiev dunque si chiude il cerchio. Italia e Spagna, prima partita del nostro Europeo in crescendo, diventa l’atto finale di una scommessa già vinta da Cesare Prandelli. La sua creatura, quella che il 10 agosto 2010 debuttava contro la Costa d’Avorio con una imbarazzante sconfitta, è diventata grande ed ha fra le mani una patatona bollente, la possibilità di un’impresa la cui portata è nota al ct ma forse sfugge ai più. Se Del Bosque metterà i baffoni sopra la coppa e al Triplete nessuno avrà da ridire, anche i palloni hanno imparato che questa Spagna «è la nazionale più forte del mondo». E già questo è un motivo in più per matarli: d’altronde, se vuoi essere il migliore devi sconfiggere i migliori.  Nel calcio non esiste la proprietà transitiva, ma ri-battere la Spagna (l’abbiamo fatto il 10 agosto scorso, in amichevole), noi che siamo stati l’unica squadra a metterli davvero in difficoltà negli ultimi quattro anni, significa prenderne il posto nell’albo d’oro dopo 44 anni dal successo di Roma, e pure dare una spallata alla loro spavalderia e presunta superiorità morale. Ma soprattutto, e questo interessa più delle chiacchiere da spiaggia, matare la  Spagna è la chiave per aprire un ciclo con Prandelli timoniere, sostituirli o per lo meno affiancarli come riferimento culturale e tecnico. Questa sarebbe “La” vittoria, questo chiede il ct, concretizzare un passaggio di consegne che in vista di Brasile 2014 diventerebbe esplosivo, visto il potenziale della nostra Under 21. Potremmo diventare la nazionale del decennio. Siamo favoriti? Non sembra, è un bene. Tuttavia, venti giorni fa,  “la Spagna che cambia tutto per non cambiare mai” si è trovata di fronte un’Italia completamente diversa. Rispetto alla semifinale, Prandelli ha un solo dubbio (Abate-Balzaretti) ma rimane col 4-3-1-2, un rombo camaleonte dove Montolivo si muove da mediano di qualità, sostenendo e coadiuvando Pirlo. In più siamo cresciuti fisicamente, tatticamente siamo da manuale e molti interpreti - da Cassano a Balotelli a Bonucci - sono uomini e compagni nuovi. La Spagna crede di conoscerci, ma forse non è così. Facciamoceli restare malissimo. 

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