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Monti ci vuole dissanguare:pronta la manovra d'estate

Tutto pronto alla Camera, i componenti della Commissione Bilancio in preallarme: niente vacanze in luoghi lontani. C'è puzza di bruciato
di Andrea Tempestini domenica 22 luglio 2012

3' di lettura

di Salvatore Dama È mezzogiorno e al Senato piove. Piovono emendamenti: sono 1.800 le proposte di modifica alla spending review avanzate dai partiti. Alla pila di carta contribuiscono in parti uguali Popolo delle libertà, Partito democratico e altri gruppi. Hanno depositato 600 emendamenti per parte al decreto con cui i Professori intendono proseguire la sforbiciata ai costi della macchina pubblica. L’hanno fatto con la rassegnazione di chi sa di aver contribuito solo al disboscamento delle foreste equatoriali. Il governo ha già fatto capire di voler ricorrere alla questione di fiducia, procedimento bloccato che fa decadere tutte le proposte di modifica dei gruppi parlamentari.  Fiducia sicura - La diligenza si blinda per difendersi dall’assalto della politica. Un numero così elevato di emendamenti «era prevedibile data la complessità del provvedimento e la varietà delle manovre affrontate», commenta il relatore del decreto Paolo Giaretta (Pd), «ma già dalle dichiarazioni dei gruppi in Commissione emerge la volontà di concentrarsi sulle materie principali». C’è una flebile speranza che i tecnici accettino alcune modifiche proposte dai partiti nell’esame preliminare. Ancora Giaretta: «Credo che sarà possibile arrivare a un testo votato in Commissione e su questo, come di consueto sarà posta la fiducia». Gli emendamenti della maggioranza multicolor sono congeniati in maniera da non scombussolare il provvedimento governativo: «Da un primissimo esame vedo che si muovono in una logica di mantenimento dei saldi. Sono tentativi di miglioramento senza mettere in discussione il risultato della manovra», prova a caldeggiare la causa il senatore democratico. Due gli obiettivi principali: «Evitare l’aumento di due punti dell’aliquota Iva e stanziare due miliardi per l’emergenza terremoto». Ma non c’è solo questo. Ogni partito sta cercando di tutelare, dalla mannaia del professor Monti, i temi o le categorie più cari. Le proposte del Pdl vanno nel senso di evitare tagli troppo violenti alla sanità, ai dipendenti pubblici, alle forze armate. Il Pd prova a scongiurare il dimagrimento forzato dell’amministrazione giudiziaria. I democrats esprimono «forti perplessità» sulla chiusura degli uffici giudiziari, sui tagli alle intercettazioni e all’acquisto di beni e servizi per l’amministrazione giudiziaria.  Specie sugli ascolti il Pd propone di continuare a intercettare senza pagare le compagnie telefoniche: «È assurdo», dichiara la capogruppo in commissione Giustizia del Senato Silvia Della Monica, «che se il privato cittadino intercettato ha pagato per quella telefonata, lo Stato debba pagare di nuovo». Non solo. I senatori della sinistra chiedono anche di ridurre le spese destinate all’acquisto dei cacciabombardieri F35 destinando il risparmio al finanziamento della ricerca. Cgil in sciopero - Ma l’accerchiamento è concentrico, Palazzo Chigi è sotto l’assedio di enti locali e sindacati. Questi ultimi annunciano lo sciopero. Parte «una fase di mobilitazione che riguarderà tutto il Paese e culminerà a settembre con lo sciopero generale del lavoro pubblico contro l'ennesima manovra». Parola del leader di Cgil Susanna Camusso. La spending review è «una manovra fatta contro i lavoratori» e non, come sostiene il governo, «una revisione della spesa per tagliare gli sprechi». Dunque gli statali incrociano le braccia. E a sorpresa trovano il sostegno del segretario della Lega, Roberto Maroni: «Aderisco anch’io allo sciopero. I sindacati hanno ragione». Per non parlare degli Enti locali. L’Upi ha chiesto modifiche al Parlamento per ridurre i tagli e avviare l’accorpamento delle Province «assicurando vere funzioni a quelle nuove». Altrimenti pure loro annunciano battaglia. Intanto alla Camera i componenti della Commissione Bilancio sono stati messi in preallarme per agosto. Meglio non passare le vacanze dall’altra parte del mondo, perché se il governo vara la manovra bis (ipotesi che a questo punto a Montecitorio ritengono possibile) arriverà una convocazione ad horas. E bisognerà mettersi a lavorare.

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