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Draghi può salvare l'Italia: 40 miliardi l'anno alle aziende

La Banca centrale europea studia come finanziare direttamente le imprese. Fantasia? No, lo dice anche Goldman Sachs
di Giulio Bucchi domenica 5 agosto 2012

3' di lettura

di Giuliano Zulin C’è grande aspettativa intorno alle mosse della Bce. Da qua a settembre, in attesa dei fatti, leggeremo le più svariate ipotesi. Ce  n’è comunque una che sta prendendo piede. Ed è veramente «non convenzionale», ovvero prestare soldi direttamente alle aziende. E non più solo alle banche. Uno studio di Goldman Sachs dal titolo “un nuovo strumento creativo”  spiega bene il possibile asso nella manica di Mario Draghi. La Banca centrale europea - si legge in un report inviato ai clienti - ha attivato operazioni di finanziamento (il famoso Ltro) agli istituti, che hanno preso il denaro a buon mercato per investirlo in titoli pubblici: una mossa che ha permesso di abbassare i rendimenti di Btp & C. nella prima parte del 2012. Ma ora, un altro Ltro, avrebbe un problema non da poco: le banche, già fortemente appesantite da bond governativi, dovrebbero vendere sul secondario per comprare altri titoli nel primario. Di fatto, paradossalmente, si rischierebbe di far aumentare ancora di più lo spread. Senza considerare che l’economia reale continuerebbe a non beneficiare dei soldi facili.  Ecco dunque l’idea che prende quota  a Francoforte.  La Bce - sostengono Charles Himmelberg e Lofti Karoui di Goldman -  potrebbe attivare politiche innovative a sostegno del settore non finanziario tramite acquisti diretti di titoli societari o eventualmente un altro Ltro. Questa  politica sarebbe coerente con il desiderio di sostenere il settore privato, piuttosto che incoraggiare il «moral hazard» che ormai ha contagiato i debiti sovrani. La mossa avrebbe due benefici: ridimensionare il problema spread e far crescere l’economia, che poi è l’unica cosa che conta. Magari su questo campo non ci sarà da battagliare con la Germania, visto che ieri anche il ministro delle Finanze bavarese,   Markus Soede, ha criticato la disponibilità della Bce all’acquisto di   titoli di Stato dei Paesi deboli dell’eurozona: «Sta prendendo una   strada pericolosa - ha spiegato il politico della Csu  alla Bild am Sonntag - non può trasformarsi da guardiana  della moneta a banca che crea inflazione». Secondo Soeder l’Eurotower «non deve far rientrare dalla finestra quel che abbiamo impedito fermando gli eurobond, cioè la mutualizzazione di vecchi e nuovi   debiti, per cui alla fine garantirebbero ancora solo i tedeschi». Il governo tedesco - attraverso un retroscena sul Frankfurter Allgemeine Zeitung  - ha fatto sapere di «non essere insoddisfatto» dell’operato di Mario Draghi, ma nemmeno c’è euforia. Il numero uno della Banca Centrale Europa sa bene che l’equilibrio politico è appeso a un filo. E per questo ha messo i puntini sulle “i” sull’utilizzo dei fondi salva-Stati e sugli acquisti di titoli pubblici da parte della Bce: Esfs o Esm si attiveranno solo su richiesta di uno Stato, mentre Francoforte comprerà soprattutto bond a breve termine.  E cosa succederebbe all’Italia se il governo chiedesse l’aiutone? Beh, a livello politico si arriverebbe al commissariamento, mentre a livello finanziario potremmo avere più di un beneficio. Partiamo dai numeri: il debito pubblico italiano, 1970 miliardi circa, è formato da titoli con 6-8 anni di vita. Bene, ora il Btp con scadenza 2019 costa al Tesoro un 5,64% lordo. Avanti di questo passo l’Italia dovrebbe pagare oltre 100 miliardi di interessi l’anno. Se invece  la Bce iniziasse ad acquistare titoli a 3-5 anni si calmerebbe la tensione e di conseguenza scenderebbe il rendimento pure sui Btp «più vecchi». Forse anche del 2%. In questo modo il risparmio finale potrebbe essere di 30-40 miliardi. Se poi Draghi finanziasse direttamente le imprese, il cerchio sarebbe chiuso.

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