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Anche il "Fatto" critica Marco, l'ultrà inginocchiato da Grillo

L'ad del quotidiano: "L'intervista a Beppe? Non l'avrei fatta così"
di Andrea Tempestini domenica 17 giugno 2012

2' di lettura

«Se mai l’avessi scritta io, quell’intervista, forse avrei pubblicato qualcosa di diverso. Magari ho qualche interrogativo in più». Le parole con cui Cinzia Monteverdi, amministratrice delegata del Fatto Quotidiano, commenta l’ormai celebre intervista a pelle di leone di Marco Travaglio a Beppe Grillo pubblicata mercoledì dal quotidiano di Antonio Padellaro, non suonano come la più appassionata delle difese. Intervistata dal Corriere della Sera su quello che è stato il caso mediatico della settimana (con tanto di strascichi polemici sul web e di rivolta dei lettori contro il trattamento in guanti bianchi riservato al comico genovese), l’ad del quotidiano riserva non lesina critiche all’operato della sua firma di punta. Al di là dell’obbligatorio «non l’ho trovata un’intervista-zerbino», la Monteverdi non si spinge.  Anzi, a giudicare dagli sforzi profusi per negare che il Fatto stia diventando la voce ufficiale del Movimento 5 stelle, si può supporre che l’intervista in questione qualche grattacapo in questo senso l’abbia comportato: la frase «non siamo l’organo di Grillo» compare tre volte. Inoltre: «Ci sono molti grillini che ci scelgono e ci comprano»; non è che Travaglio subisce il fascino di Grillo, «è colpito dal fenomeno di un movimento autonomo che sta crescendo a vista d’occhio»; «Grillo è un fenomeno da analizzare, verrà il tempo dei quesiti perfidi, se e quando sarà al potere». Tuttavia, nonostante l’impegno, il Fatto non riesce ad aggiudicarsi la palma di massimo sovraestimatore di Grillo. Il titolo se lo aggiudica, con merito, l’ex ministro degli Esteri Gianni De Michelis. Sostiene infatti l’ex dirigente socialista che il comico «potrebbe essere utilizzato per indebolire l’Europa e l’Italia» e che «una vittoria di Grillo aumenterebbe il consenso dei repubblicani e degli ambienti conservatori, svantaggiando Obama» (è d’altronde noto che «i repubblicani credo siano disponibili a correre il rischio di indebolire la situazione americana, non solo quella mondiale, pur di vincere le elezioni»). Parole a cui lo stesso Grillo ha il più facile dei giochi nel replicare, assegnando all’ex ministro «il premio per il coglion-complottista d’oro». di Marco Gorra

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