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Un pool di italiani scopre il gene che causa la Sla

Ricerca congiunta tra Belpaese e Usa: una nuova speranza per la cura della sclerosi laterale amiotrofica
di Cristina Dei Poli domenica 12 dicembre 2010

2' di lettura

C'è molta Italia nella scoperta del gene che, se bloccato, causerebbe la sclerosi laterale amiotrofica, la famigerata Sla. Grazie a uno studio italo-americano è stato infatti scoperto un gene, sul cromosoma 9, che, sebbene responsabile di un numero limitato di casi, suggerisce per la prima volta uno dei meccanismi alla base di questa malattia, che uccide i neuroni del movimento e condanna alla paralisi. Secondo quanto riferito da uno degli autori, Adriano Chiò del Centro Sla del Dipartimento di Neuroscienze dell'Università di Torino e Ospedale Molinette, il gene chiamato Vpc produce una proteina che è coinvolta nel sistema di smaltimento dei rifiuti cellulari. Nei malati di Sla, infatti, i neuroni muoiono avvelenati proprio dall'accumulo di sostanze tossiche. Lo studio, sul Dna di famiglie italiane e Usa con membri malati di Sla, è stato finanziato da Figc (Federazione Italiana Gioco Calcio), Fondazione Vialli e Mauro e Ministero della Salute e ha coinvolto anche il Laboratorio di Neurogenetica dell'Nih di Betheda, coordinato da Bryan Traynor, il Centro Sla dell'ospedale di Modena coordinato da Jessica Mandrioli e il laboratorio di genetica molecolare dell'azienda ospedaliera Oirm Sant'Anna diretto da Gabriella Restagno.Da questa analisi senza precedenti, pubblicata sulla rivista Neuron, è stata isolata, racconta Chiò, in 3 malati di una famiglia italiana una mutazione nel gene Vpc. Ciò, precisa Chiò, si collega strettamente al ruolo di Tdp-43 che, non a caso, si accumula in modo aberrante nei neuroni malati di Sla. "Quindi l'aver scoperto il coinvolgimento di Vpc - dichiara Chiò - ci svela uno dei meccanismi che porta al danno dei neuroni nella Sla". Parallelemente si cercheranno sostanze che agiscano sul gene Vpc per ripristinare lo smaltimento dei rifiuti cellulari. MALATTIA DEI CALCIATORI - La Sla, nota anche come "malattia dei calciatori" per l'incidenza maggiore su calciatori ed ex calciatori (il più noto è Stefano Borgonovo), è una malattia neurodegenerativa incurabile caratterizzata dalla morte dei neuroni motori di cervello e midollo spinale. "Il doping, gli sforzi, i traumi, i colpi di testa, gli erbicidi e i pesticidi possono essere delle concause che vanno studiate meglio, - ha spiegato il professor Paolo Zeppilli, presidente dell'organismo istituito dalla Figc nel 2008 per contribuire alla lotta contro il morbo - ma essendo una malattia comunque rara ci deve essere un difetto genetico alla base. Non tutti i calciatori si ammalano e la percentuale di quelli che si ammalano, pur superiore alla media, resta comunque bassa". Fondamentale, dunque, i fondi e l'impegno per la ricerca. A tal proposito dura la critica proprio della moglie di Stefano Borgonovo, Chantal: "La Federcalcio italiana dovrebbe finanziare uno studio sul rapporto tra il calcio e questa malattia, che non è mai stato fatto".  "I risultati della ricerca - prosegue - sono fondamentali, sicuramente un tassello in più nel difficile puzzle di questa malattia, ma riguardano i casi di Sla cosiddetta familiare, che sono il 2%, mentre il restante 98% sono sporadici (senza precedenti in famiglia, ndr)". Gli ex calciatori malati, tra cui Borgonovo, rientrerebbero tutti in questa seconda categoria.  

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