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"Potenziare l'asse tra università e mondo produttivo"

I rappresentanti del mondo economico: l'industria della cultura valore aggiunto per la crescita dei territori
giovedì 29 maggio 2025

4' di lettura

«L'industria culturale italiana si conferma un pilastro economico vitale, generando nel 2023 un valore di 104,3 miliardi di euro. Il suo impatto totale, includendo settori correlati come il turismo, raggiunge quasi 296,9 miliardi, contribuendo per il 15,8% all'economia nazionale. Un asset che dev'essere valorizzato e potenziato soprattutto ora che le turbolenze geopolitiche rischiano di modificare alle fondamenta la old economy». 


L'ottimismo di Antonio Visconti, presidente Ficei (federazione italiana dei consorzi industriali), si basa sui dati degli ultimi mesi. «Il settore ha mostrato una notevole resilienza, con l'occupazione in crescita del +3,2% nel 2023, superando la media nazionale. È significativo notare la ripresa del Mezzogiorno, dove l'industria della competenza ha registrato aumenti più rapidi rispetto alle medie nazionali sia per valore aggiunto (+5,7%) che per occupazione (+4,0%)». Eppure, aggiunge Visconti, «nonostante questa vitalità», l'Italia «destina solo lo 0,8% del suo Pil alla cultura, posizionandosi quart'ultima in Europa». Per il presidente Ficei, «serve una inversione di tendenza».


L'industria culturale è anzitutto industria delle competenze. D'altronde, valorizzare il patrimonio artistico, creativo e territoriale richiede competenze specifiche, che solo un sistema formativo allineato ai bisogni del settore può offrire. «In un Paese con un basso numero di laureati, investire in percorsi formativi ad alto contenuto di competenze significa generare occupazione qualificata e rafforzare le economie locali», aggiunge ancora Visconti. «I modelli internazionali dimostrano come cultura e istruzione, se integrate, possano accrescere competitività, attrattività e innovazione, contribuendo alla crescita sostenibile del sistema Paese».

 Il ruolo delle università italiane 
Ma quali sono i benchmark del sistema universitario? La galassia della formazione superiore italiana si configura oggi come un ecosistema in costante evoluzione. Le accademie pubbliche con una lunga tradizione, spesso presenti nei ranking internazionali, continuano a mantenere posizioni di rilievo. Tra queste, il Politecnico di Torino, il Politecnico di Milano, la Scuola Normale Superiore di Pisa, La Sapienza Università di Roma, e – in specifici ambiti disciplinari – le università di Trento, Bologna e Padova. Tuttavia, non mancano le criticità: ad alcune di queste istituzioni viene talvolta imputata una visione eccessivamente autoreferenziale e poco reattiva rispetto ai profondi cambiamenti socio-economici in atto.

Il link con il mondo della finanza e delle imprese
In questo scenario, il modello che più si è avvicinato a un benchmark nazionale è quello dell’Università Bocconi, forte di relazioni consolidate con il mondo delle imprese, delle istituzioni e della finanza. Una leadership in termini di attrattività studentesca confermata anche sotto l’attuale governance guidata dal presidente Andrea Sironi e dal consigliere delegato Riccardo Taranto che stanno accompagnando l’Ateneo verso una dimensione sempre più internazionale.  In scia ma più distante si posiziona indubbiamente la Luiss Guido Carli, che mantiene la leadership tra gli atenei privati con un forte focus sul Centro-Sud. Sostenuta dalla governance di Confindustria, la Luiss ha avviato un processo strutturato di modernizzazione e apertura internazionale, grazie anche al lavoro congiunto del rettorato e della manager Rita Carisano, oggi protagonista anche nel rilancio della Luiss Business School.

Nuovi attori: università digitali e modelli ibridi
A fianco di questi attori consolidati, si affermano nuovi modelli educativi, tra cui spiccano le università digitali, le business school e le realtà ibride che integrano l’innovazione tecnologica con il dialogo costante con il mondo produttivo. In questo contesto si inserisce il rilancio de Il Sole 24 Ore Formazione, avviato dopo la scadenza del patto di non concorrenza successivo alla cessione della storica scuola al fondo Palamon (oggi di proprietà Digited). Alla guida della transizione è stato nominato, nell’aprile scorso, Federico Silvestri, manager con esperienza consolidata nel mondo aziendale. Tra gli atenei telematici, che oggi rappresentano una componente sempre più rilevante del sistema accademico italiano – con oltre 350.000 studenti iscritti e un ruolo chiave nella diffusione del sapere in chiave democratica e inclusiva, l’Università degli Studi Guglielmo Marconi si distingue come punto di riferimento del settore. Primo ateneo telematico riconosciuto dal Mur nel 2004, UniMarconi ha consolidato nel tempo una posizione di leadership, grazie a un modello fondato su rigorosi standard qualitativi. Sotto la guida del Presidente esecutivo, Alessio Acomanni, esperto di politiche educative e governance universitaria, l’università ha consolidato la sua leadership del comparto lavorando su rafforzamento organizzativo, digitalizzazione dei processi di ausilio agli studenti e grande sviluppo internazionale.

Governance e visione: il nuovo paradigma competitivo
In un contesto così fluido, la qualità dell’offerta non è più sufficiente. A fare la differenza sono la visione strategica e la resilienza delle strutture organizzative. Ne sono esempio due atenei di dimensioni più contenute ma fortemente proiettati verso l’eccellenza internazionale: l’Università Humanitas di Milano, guidata da Gianfelice Rocca e dall’ad Giorgio Ferrari, e il Campus Biomedico di Roma, dove si segnala l’azione di Paolo Sormani, apprezzato per l’impostazione strategica e la capacità di innovazione.

L'asse tra industria culturale e atenei
«Questo intreccio tra cultura, industria del sapere e offerta formativa è fondamentale», prosegue Visconti, «per potenziare i canali di comunicazione tra mondo produttivo e galassia scientifica, a tutti i livelli». «Le università non sono solo centri di formazione, ma vere e proprie “calamite” per lo sviluppo regionale, capaci di stimolare l'innovazione e l'occupabilità attraverso la ricerca e la collaborazione con i vari players economici». 

A fargli eco il presidente di Confapi Napoli e responsabile nazionale della Zes di Confapi, Raffaele Marrone. «Un laureato in Ingegneria, Medicina, Informatica o Scienze della Comunicazione trova un mercato del lavoro dinamico, anche grazie alle competenze fornite da atenei che, pur affrontando sfide nell'internazionalizzazione come la limitata offerta di borse di studio per studenti stranieri, continuano a formare professionisti altamente qualificati», spiega Marrone. Che conclude: «L'eccellenza accademica alimenta direttamente il successo e l'innovazione dell'industria culturale italiana, garantendo che il patrimonio storico e la creatività contemporanea continuino a essere motori di crescita e un vanto per il Paese».

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