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Transizione energetica, dalle parole ai fatti: l’esempio del Gruppo Enel

Enel punta tutto su quattro parole chiave: energie rinnovabili, reti, sistemi di accumulo e digitalizzazione. Il suo piano industriale per il triennio 2025-2027 parla chiaro: 43 miliardi di euro di investimenti, tra sviluppo di nuovi impianti e potenziamento delle reti elettriche
di Roberto Tortora giovedì 20 novembre 2025

3' di lettura

Parlare di transizione energetica, oggi, non è più una questione teoretica, non una parola chiave per boriosi convegni pieni di slide e parole inglesi. È una necessità reale e pure urgente. Il cambiamento climatico ormai non bussa più: entra in casa nostra, spalanca le finestre e ci ricorda che l’aria condizionata e il riscaldamento servono sempre più spesso e sempre più forte. E questo costa, in soldi e in CO₂. Per evitare che il pianeta finisca arrosto l’Europa ha tracciato una rotta precisa: entro il 2030 bisogna tagliare le emissioni del 55% rispetto ai livelli del 1990 e arrivare all’ormai famosa “neutralità climatica” nel 2050. Il cosiddetto “Net Zero”. In mezzo, un’altra tappa ambiziosa: -90% di emissioni al 2040. In pratica, questo è il momento di spingere forte sull’acceleratore o tra dieci anni saremo ancora a discutere se mettere il fotovoltaico sul tetto o il condizionatore a pompa di calore in garage. E qui arriva la parte interessante: la tecnologia, quella vera, oggi c’è. Le rinnovabili non sono più un sogno hippie da festival ecologista, ma un affare concreto, efficiente e – udite udite – anche conveniente.

Tra chi ha preso la questione sul serio c’è il Gruppo Enel, che in Italia e nel mondo ha deciso di fare della sostenibilità non uno slogan, ma un modello industriale. Tradotto: meno chiacchiere e più chilowattora puliti. Ed Enel punta tutto su quattro parole chiave: energie rinnovabili, reti, sistemi di accumulo e digitalizzazione. Il suo piano industriale per il triennio 2025-2027 parla chiaro: 43 miliardi di euro di investimenti, tra sviluppo di nuovi impianti e potenziamento delle reti elettriche. Perché senza reti moderne e intelligenti, la transizione resta un esercizio teorico da PowerPoint. C’è chi storce il naso e subito pensa che le nuove energie portino con sé costi insostenibili. La rivoluzione, però, sta proprio nella convenienza, perché le rinnovabili non sono più un lusso. Il solare e l’eolico oggi competono a testa alta con le fonti fossili, e la geotermia – quella dei siti storici di Larderello e Piancastagnaio, in Toscana – dà un contributo costante e affidabile, giorno e notte, senza preoccuparsi se c’è sole o vento. L’idroelettrico, poi, è un po’ il nonno saggio del gruppo: c’era già e continua a essere fondamentale per garantire stabilità al sistema.

Lo sviluppo delle fonti rinnovabili passa per i sistemi di energy storage, come i sistemi di accumulo di elettricità a batterie (BESS – Battery Energy Storage System), in grado di accumulare energia in forma chimica per poi riconvertirla in elettricità e rilasciarla a seconda delle esigenze.

Questi sistemi sono alleati naturali delle fonti rinnovabili: infatti permettono di stoccare l’energia prodotta quando è in eccesso rispetto al fabbisogno, rendendola disponibile nei momenti di picco, e stabilizzando la rete.

Il vero colpo di genio, però, sta nelle reti intelligenti. Un tempo l’energia scendeva dall’alto: dalle centrali elettriche ai consumatori, punto. Oggi invece la rete è come un social network dell’elettricità: ognuno può produrre, condividere, accumulare e persino vendere energia. I contatori elettronici – quei piccoli cervelloni ideati da Enel, che le aziende distributrici hanno installato in milioni di case – sono i protagonisti silenziosi di questa rivoluzione. Grazie a essi, la rete “parla”, regola i flussi, bilancia la domanda e l’offerta in tempo reale. La flessibilità è un’altra parola magica. Vuol dire che il sistema sa adattarsi, integrando le rinnovabili senza perdere colpi. Batterie, accumuli termici , smart grid e digitalizzazione servono proprio a questo: rendere l’energia affidabile, pulita e sempre disponibile. E non è solo una questione di tecnologia: c’è dietro una visione industriale chiara. Enel non si limita a installare pannelli e pale eoliche, ma pensa al futuro. Lo immagina e lo vive già nel presente. Con l’obiettivo 2040 ormai dietro l’angolo, la pianificazione diventa fondamentale.

Insomma, la transizione energetica non è un pranzo di gala, ma nemmeno un salto nel buio. È un viaggio che richiede coraggio, pianificazione e un po’ di sano ottimismo tecnologico. Se poi a fare da apripista ci sono aziende come Enel che sanno unire sostenibilità e concretezza, la strada diventa meno in salita.

Perché alla fine la domanda è semplice: vogliamo continuare a parlare di “emergenza climatica” o vogliamo spegnere definitivamente l’interruttore delle emissioni? La risposta non è nei proclami, ma nei megawatt. E su questo fronte, l’Italia – grazie a chi, come Enel, ha deciso di investire davvero nella rivoluzione verde – può giocare una partita da protagonista. Future is now, le rinnovabili non aspettano.

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