Una bambina di appena 12 anni stuprata dal branco e filmata, fatta oggetto di revenge porn. Ma, da sola, ha trovato la forza di chiedere aiuto e ha fatto arrestare tre ragazzi, uno dei quali maggiorenne. Il programma Incidente Probatorio, in onda sul canale 122 Fatti di Nera, ha analizzato il terribile episodio di violenza su una bambina avvenuto a Sulmona, in provincia dell’Aquila. I tre arrestati hanno 18, 17 e appena 14 anni. A settembre erano finiti sotto indagine per aver abusato di una 12enne e averla filmata. Il video, poi, sarebbe stato diffuso su alcuni gruppi WhatsApp. Il provvedimento è stato eseguito dai carabinieri del nucleo operativo e radiomobile della compagnia sulmonese. Gli indagati dovranno rispondere, a vario titolo, di violenza sessuale di gruppo aggravata, violenza sessuale aggravata, atti sessuali con minori di 14 anni, produzione di materiale pedopornografico, detenzione di materiale pedopornografico e atti persecutori. Gli arrestati sono stati rintracciati nelle loro case e condotti nel carcere di Sulmona e nel penitenziario minorile di Casal del Marmo a Roma. Le misure cautelari sono state disposte dai giudici per le indagini preliminari del tribunale ordinario e di quello per i minorenni dell’Aquila sulla base dei gravi indizi di colpevolezza raccolti dai carabinieri nella fase di indagine, coordinata dalle procure competenti. L’indagine è scattata sul finire del mese di agosto, quando la vittima ha trovato il coraggio di rivolgersi al numero delle emergenze infanzia e raccontare di essere stata costretta a subire abusi sessuali, anche di gruppo, sotto minacce di morte e di divulgare tramite social network un video dal contenuto sessualmente esplicito che la ritraeva, realizzato a sua insaputa da uno degli indagati.
“Stiamo parlando di un’azione fatta su una bambina – ha sottolineato Mauro Valentini, giornalista e scrittore – un’azione reiterata, con successiva revenge porn e minacce. C’è tutto. Qui ci sono anche delle famiglie che lasciano soli sia la vittima che i carnefici. È stata lei, ad appena 12 anni, a doversi organizzare per una difesa e a raccontare questa storia, che è blindata. Ci sono fatti abbastanza circostanziati, tant’è che uno degli avvocati dei ragazzi ha specificato che il quadro accusatorio è enorme, difficile trovare qualche dubbio. Tra di loro hanno cercato di accusarsi sulla questione del video. Il problema, però, è che oggi i giovani non danno nessuna chance ai genitori di essere un riferimento o un aiuto. Nessuno ci ha pensato a parlarne in casa, non li vedono e non li considerano elementi di supporto, sono in balìa di quello che accade all’interno del web, del mondo e della loro ristretta cerchia. È evidente che i reati più disturbanti accadono nei piccoli centri, ma quel che colpisce è che oggi c’è un salto tra un 16enne e un 20enne che è enorme. I ragazzi dei piccoli centri sono isolati e si annoiano, con i social hanno la possibilità di vedere il mondo e si sentono padroni, aumenta la frustrazione, le reali conoscenze sono poche, vorrebbero fare quello che fanno gli altri e poi accade quello che accade. Hanno un disprezzo per la vita dell’altro che va oltre ogni più ragionevole ragionamento, siamo davanti all’utilizzo di una persona, una bambina, per vari scopi. Per piacere, per perversione, per essere protagonisti del web, facendo vedere le loro bravate al mondo, non capendo che sono reati gravi”.
“Quello che sorprende non è solo l’età della persona offesa – ha detto l’avvocato Cristiano Mancuso – ma l’età degli aggressori. Qui parliamo di ragazzini, uno di 14 anni, che ha appena varcato la soglia dell’imputabilità dopo aver accumulato una serie di reati impressionante, che prevede pene gravissime. Evidentemente senza rendersi conto di ogni azione a cosa li porta. Per il 18enne parliamo di pene incredibili. La responsabilità è delle famiglie, vero che con i social è difficile il controllo, ma è anche vero che qualche anno fa certi fatti non accadevano o non si sapevano. Oggi c’è una tendenza a lasciare troppo liberi ragazzi troppo giovani”.
Lo psicologo Leonardo Bevilacqua ha evidenziato come sia stata “la ragazzina a chiamare il numero di emergenza. Sorprende che non sia stata avvertita prima la famiglia. Oggi è molto difficile sapere cosa fa un figlio online, c’è una incredibile distanza tra le competenze che hanno i figli e quelle dei genitori online. Fa impressione che questa bambina si sia organizzata da sola, ma anche che questi giovani reiterassero queste registrazioni. E fa molta paura, è una aggravante. C’è molta preoccupazione per ciò che può succedere con i cellulari. Serve una educazione ad usare i telefonini, ma anche un monitoraggio di ciò che succede. Serve tanta formazione, in maniera capillare, che arrivi anche alle famiglie. L’aspetto più preoccupante è che questi ragazzi non si rendano conto del male che stanno facendo a una persona. Non si sono preoccupati delle conseguenze, non hanno rimorso e non hanno paura delle conseguenze negative”.
Secondo l’avvocato Luca Volpe “i problemi sono tanti. Sono accadute tante cose, la società cambia troppo velocemente, bastano un paio di anni per cambiare le generazioni, così come gli aspetti che riguardano la gestione dei rapporti umani e dei minori. Noi abbiamo introdotto il principio della responsabilità genitoriale al posto della podestà. La responsabilità si esercita dando l’esempio, entrando in empatia, ma bisogna formarli i genitori, non li abbiamo né informati né formati. Ben venga l’educazione sessuale a scuola, perché ci sono statistiche che dimostrano che la violenza sessuale avviene sempre più tra i minori e l’età è sempre più bassa. Per i minorenni ci sono procedure giudiziarie particolari, potrebbero chiedere la messa alla prova, mentre per il maggiorenne le pene sono altissime. Non c’è bisogno di spiegarlo: hanno toccato la sessualità di una bambina di appena 12 anni. E siamo tutti responsabili di ciò che sta accadendo”.