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Giustizia, Sallusti: "Perché la partita è già persa" (e il mistero-Mattarella)

mercoledì 25 gennaio 2023

2' di lettura

Se David Ermini, capo uscente del Csm - organo di autogoverno della magistratura - eletto in quella carica col metodo correntizio Palamara da Palamara in persona può dire nel suo discorso di commiato che le correnti sono il male della giustizia e che la “la magistratura non è politicizzata”, se può dire questo davanti al Capo dello Stato senza suscitare anche solo una minima reazione di sdegno, o almeno un sorriso, bè allora penso che la partita per riformare il sistema giudiziario sia davvero persa. Sotto il regno di Ermini, iniziato nel 2018 grazie a un accordo raggiunto con la complicità di un deputato del Pd, Luca Lotti (allora indagato), la magistratura ha toccato uno dei punti più alti di opacità, faziosità e guerriglia interna, cioè uno dei punti più bassi di trasparenza.

Perché il presidente Mattarella abbia tenuto in piedi fino a fine mandato il più screditato Csm della storia è un mistero; perché ieri lo abbia omaggiato come se nulla di grave fosse accaduto in questi ultimi cinque anni è un doppio mistero e qui ci fermiamo per rispetto al Capo dello Stato.

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Da ieri insomma sono ancora più scettico sul fatto che Giorgia Meloni e Carlo Nordio, ministro della Giustizia, riescano a mandare in porto la loro azione riformatrice. E questo non per incapacità bensì perché non fanno parte di quel “sistema” perverso che ieri ha dato prova di forza e compattezza. Non è vero che la posta in gioco è l’indipendenza della magistratura, no, in gioco c’è la sopravvivenza di un sistema di potere parallelo a quelli previsti dalla Costituzione, un potere che fa paura e al quale è permesso di scorrazzare senza alcun controllo.

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