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Carabiniere ucciso e agenti indagati: atto dovuto, una norma da cambiare

Un passaggio burocratico, niente di più. Ma lascia l'amaro in bocca: la politica intervenga
di Alberto Busacca domenica 15 giugno 2025

2' di lettura

È un «atto dovuto», certo, si dice sempre così. Un passaggio burocratico, d’accordo, niente di più. E però, bisogna dirlo, c’è qualcosa che lascia l’amaro in bocca nella notizia dell’indagine a carico dei poliziotti che hanno sparato ai due ricercati per la morte del carabiniere Carlo Legrottaglie. Insomma, un militare viene ucciso da due rapinatori, gli agenti li trovano, ingaggiano un conflitto a fuoco nel corso del quale muore uno dei fuggitivi e alla fine si ritrovano con un’accusa di omicidio colposo.

Chiariamo, in termini giuridici può essere tutto correttissimo, ma il senso comune ci dice che qualcosa non va. Che qualcosa deve cambiare. E infatti, non a caso, sono numerosi i politici di centrodestra che ieri si sono occupati della questione. A cominciare dal presidente del Senato, Ignazio La Russa. «Trovo ragionevoli e condivisibili», ha spiegato La Russa, «le parole del segretario generale del Sap, Stefano Paoloni, che auspica siano riviste le norme di procedura penale per i casi in cui servitori dello Stato, a sprezzo del pericolo e della loro stessa vita, intervengono con l’uso legittimo delle armi per assicurare alla giustizia pericolosi banditi». Tradurre tutto ciò in una legge non sarà chiaramente facile, ma nella maggioranza sembra che la volontà di procedere in questa direzione sia condivisa. Ed è già una buona notizia...

Notizia meno buona, invece, il fatto che il fronte progressista sia rimasto in silenzio. Ma si sa, quando si tratta di cose che interessano le forze dell’ordine, da quelle parti perdono la loro caratteristica loquacità. Peccato. Eppure il caso della morte del brigadiere capo Carlo Legrottaglie sembrava aver riavvicinato alle divise perfino i colleghi di Repubblica.

Tanto che, nella sua rubrica, Francesco Merlo si è lamentato: «Sta riprovando, la destra delle ossessioni, a far credere che sia di destra esaltare l’Arma dei carabinieri e che invece sia di sinistra degradarla a “sbirraglia”». E invece, secondo lui, le cose non stanno così. E per dimostrarlo ha citato il capitano Bellodi del romanzo “Il giorno della civetta”, indicandolo «come modello disegnato dalla sinistra italiana nel 1961»: “Un uomo, un carabiniere, che l’autorità di cui era investito considerava come il chirurgo considera il bisturi: uno strumento da usare con precauzione, con precisione, con sicurezza, che riteneva la legge scaturita dall’idea di giustizia e alla giustizia congiunto ogni atto che dalla legge muovesse”. Chiosa di Merlo: «È questo il principio di legalità che, pur tra tanti errori, ha ispirato la sinistra, ed è l’identikit di Carlo Legrottaglie». Eh no. Va bene sottolineare che i carabinieri sono di tutti, ci mancherebbe. Ma da qui a farli diventare compagni (quando fa comodo) ce ne passa...

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