Cassazione, il caso del Massimario ci riporta a Fanfani

Il politico toscaneggiava contro gli errori che attribuiva agli avversari, o agli amici non sufficientemente disciplinati e rispettosi, intimando: "Chi la grossa, la copra"
di Francesco Damatogiovedì 3 luglio 2025
Cassazione, il caso del Massimario ci riporta a Fanfani
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La buonanima di Amintore Fanfani toscaneggiava contro gli errori che attribuiva agli avversari, o agli amici non sufficientemente disciplinati e rispettosi, intimando: «Chi la grossa, la copra». Penso che l’avrebbe gridato in questi giorni anche contro la Suprema Corte di Cassazione, non distinguendola dall’ufficio del Massimario che la compone, per il pasticciaccio, a dir poco, di quei documenti critici su leggi e atti di governo finiti sotto il suo esame, pur non giurisdizionale. A cercare di coprirla, leggendo certi giornali, e pur non avendone alcuna responsabilità, sarebbero stati e sarebbero tuttora col loro garbato silenzio, in ordine di importanza istituzionale, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni e il presidente della Corte Costituzionale Giovanni Amoro so.

Ma, per quanti sforzi abbiano compiuto e compiano queste benemerite Autorità di abbassare la temperatura con la loro riservatezza, come condizionatori al massimo della potenza in questi giorni di caldo torrido, il pasticciaccio della Cassazione continua a infuocare il dibattito politico e gli stessi rapporti istituzionali. La segretaria del Pd Elly Schlein, per esempio, ospite di un salotto televisivo, ha usato contro il governo, la sua azione, i suoi decreti, le leggi che riesce a fare approvare dal Parlamento e “il documento della Cassazione”, parlando al singolare di quello diffuso sulla sicurezza ma alludendo a quello sul patto con l’Albania in tema di im migrazione ed altri che potrebbero uscire ancora. Forse anche quello perché no? - sulla riforma costituzionale dell’ordinamento giudiziario all’esame delle Camere.

Eppure la prima presidente uscente della Corte di Cassazione, Margherita Cassano, aveva appena esortato a non dare più importanza e significato del dovuto alle valutazioni analitiche del Massimario. Sopravvalutate, secondo lei, anche dal ministro della Giustizia Carlo Nordio sentendosi e dichiarandosi «incredulo» di quel documento sulla legge di sicurezza. E riservandosi di esaminarne le procedure quanto meno di «diffusione». Che hanno contribuito non poco, per la loro pervasività, ad amplificarne la portata. Sino a fare titolare i giornali sulla “bocciatura”, sullo “schiaffo” e simili subiti dal governo, oltre che dalla legge in questione.
Nordio con garbo, galanteria e altro ancora ha aspettato un po’ prima di rispondere alla presidente della Cassazione Cassano, che ha tenuto a definire «grandissima magistrata e amica».

Ma le ha risposto con la consueta franchezza e chiarezza di idee e parole prendendo esplicitamente le difese dei pur silenti- per garbo costituzionale - presidenti della Repubblica e del Parlamento. Il primo per avere subito «uno sgarbo», o una «irriverenza», nel momento in cui si è dubitato, in quel documento, dei requisiti di necessità ed urgenza del decreto legge sulla sicurezza, ma di altro ancora, da lui riconosciuti nel firmarlo. Il secondo, cioè il Parlamento, per «oltraggio»- ha detto Nordio parlandone in una intervista al Messaggero - ricevuto con la demolizione, sia pure analitica, su carta intestata della Cassazione di una legge regolarmente approvata.

Come e cosa si fa, a questo punto, per disinnescare la mina che è diventata, col suo ufficio quasi d’archivio o laboratorio, la pur “Suprema” Corte di Cassazione? Dovrebbero cominciare le opposizioni, di ogni grado e colore, insieme o per singole “tende” sistemate dalla fantasia di Goffredo Bettini nel loro “campo largo”, rinunciando ad appendersi alla Cassazione come ad una stampella per fare, anzi per proseguire la loro guerra al governo. Potrebbe quindi seguire tutto il resto, per quanto grossa - ripeto - rimanga quella cosa di memoria fanfaniana.

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