La sfida in vista del referendum confermativo della riforma della Giustizia firmata dal ministro Carlo Nordio e iniziata. Il piano dell’opposizione è semplice: legare il destino della riforma a quello del governo, mentre la maggioranza avverte che la consultazione della prossima primavera «non sarà sul governo Meloni». «È una grande riforma», afferma la ministra Elisabetta Casellati «grazie alla quale il cittadino potrà contare su un giudice terzo». In questo clima l’appello del vicepresidente Pinelli a evitare «delegittimazioni reciproche» e a impostare la campagna referendaria sul «confronto tecnico», sembra destinato a cadere nel vuoto. Il centrodestra fa quadrato: «La separazione delle carriere dei magistrati è una riforma che si aspettava da decenni e il referendum non c’entra niente con il futuro del governo», spiega il deputato di Forza Italia, Tommaso Calderone.
«Basta leggere la norma per capire che le critiche sono strumentali», prosegue. «Evidentemente a una parte dei magistrati questa riforma non va bene perché perdono una fetta del loro potere. In questi mesi tanti magistrati mi hanno rivelato di condividere la riforma. Specie i magistrati giudicanti. Li invito pubblicamente a manifestarsi. Sarebbe un bel segnale di coerenza e di verità». Per l’azzurro Maurizio Gasparri «i nemici della riforma della giustizia, non avendo argomenti da contrapporre alla validità del cambiamento che sarà sottoposto al referendum mentono sapendo di mentire e ogni giorno ripetono che ci sarà la subordinazione dei pubblici ministeri alle autorità politiche». A sinistra, Giuseppe Conte e i cinquestelle non perdono occasione per ribadire che «è una riforma destinata a rendere intoccabili il governo e i politici». Il capogruppo M5S al Senato Stefano Patuanelli mira all’obiettivo grosso e sostiene che in caso di vittoria del No al referendum, l’esecutivo non potrebbe certo andare avanti.
Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli (Avs) intonano il consueto ritornello dell’attacco alle toghe: «La controriforma della destra non affronta i mali cronici del sistema giudiziario, come la lentezza dei processi penali e civili e la carenza di organici. Serve solo a colpire l’autonomia dei magistrati». Il fronte progressista, però, non appare del tutto compatto. L’ex Guardasigilli Andrea Orlando attacca la riforma ma invita «a discuterne nel merito». E il dem Goffredo Bettini osserva che «il principio della separazione delle carriere a sinistra è riconosciuto da molti». Tuttavia, prosegue, «l’attacco alla magistratura e l’assenza di interventi sulle carceri scoraggerà molti a sinistra dal votare sì. Anch’io valuterò con molta attenzione il mio voto. Si doveva rimanere sul merito, con una discussione responsabile».