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Valerio, l'eroe Down più forte degli odiatori del web

di Maria Pezzi domenica 17 novembre 2019

4' di lettura

Ma come si fa? Ma come si può? Ma com' è possibile concepire soltanto l' idea di insultare un tipo come lui? E invece eccola la risposta, più semplice di quanto possa sembrare: si può perché in fondo le persone si dividono in due grandi categorie. Ci sono quelli come lui, quelli come Valerio Catoia, che hanno coraggio e poi vi spiegheremo come e perché. E poi ci sono quelli che invece sono solo dei gran vigliacchi e il coraggio se lo danno solo dietro a una tastiera, nascosti nell' ombra come blatte, i cosiddetti haters, gli odiatori, molto frustrati, molto impotenti, delle nullità totali che trovano un senso solo in quell' attimo sporco in cui se la prendono con qualcuno che tra l' altro non si può difendere, poiché è lontano, da tutt' altra parte, sull' altra sponda, quella chiara, dell' esistenza. Gli odiatori sono quelli che si sentono imperatori nel loro pezzettino minuscolo e gratuito di mondo-web ma lo sanno anche loro che non sono nessuno. Altro che imperatori: servi. Schiavi della loro impotenza frustrata su internet. Ma tant' è. Loro solo questo sanno fare: odiano. Insulti - E adesso parliamo di Valerio Catoia a cui gli haters hanno scritto che «assomiglia a un cane», che «bisognerebbe sparargli» eccetera eccetera. Valerio è solo un ragazzo che oggi ha quasi 20 anni, studia, nuota, lavora in un' azienda, fa lo scout, e se la spassa alla grande. Ma quando era più piccolo, ancora minorenne, un giorno, due anni fa, sulla spiaggia di Circe, a Sabaudia, si buttò tra le onde, lui e la sua sindrome di Down, per salvare una bambina che stava affogando. premio al valore Una cosa normale, direte voi, però mica tanto visto che qualche mese fa anche il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, si è sentito in dovere di chiamare Valerio al Quirinale e di nominarlo Alfiere della Repubblica e il 25 ottobre al Coni il giovane eroe paralimpico ha ricevuto il premio Fair Play, conferito a chi si distingue nella società per il proprio valore, per l' etica. Ecco, contro Valerio qualcuno che poi s' è subito rintanato, nascosto dietro alla sua funebre ombra ha scritto sui social che lui «sembra un cane» e «bisognava farlo fuori», ha storpiato la parola gommone in una perfida crasi con il termine mongoloide; insulti beceri, insomma, non vale neanche la pena ripeterli. In fondo, tali soggetti sono gli stessi che odiano la Segre, odiano i negri come Balotelli, odiano Emma Marrone che è stata operata e Nadia Toffa che è morta. Forse soltanto perché sanno benissimo che i "diversi" sono soltanto loro. Diversi da tutti gli altri. Perché a differenza degli altri, loro non sanno vivere, non si accettano, non si amano. Loro non amano. E allora odiano. Giovanni Catoia, il papà di Valerio, non ha voluto neanche spiegare troppo al suo ragazzo così «puro» ed «entusiasta della vita» cosa era accaduto e perché è stato costretto a fare una denuncia. All' inizio ha provato a capire e a rispondere a chi se la prendeva con suo figlio su Facebook, quel gruppo anonimo che ha postato ingiurie sotto a una foto di Valerio sorridente, ma quando è stato sommerso anche lui dalle parolacce ha deciso di andare alla polizia postale e ora le indagini sono partite. Che idea si è fatto?, chiediamo. «Che c' è troppa cattiveria gratuita in giro e Valerio non merita questo». Già. Lui è un' anima bella, ha gli occhi che ridono e il corpo allenato di chi macina chilometri in vasca perché quando nuota sta bene e non si sente inferiore a nessuno. Casomai il contrario: campione paralimpico, il giovane pontino è bravo in tutti gli stili: libero, dorso, rana, lui va veloce e non si ferma. Quando nel 2016 ha frequentato un corso di salvataggio della Fisd in piscina e gli hanno messo tra le mani un manichino, Valerio ha appreso le tecniche giuste e ha deciso che se al posto di quel pupazzo ci fosse stata una persona, lui non si sarebbe tirato indietro e avrebbe saputo cosa fare. Un giorno dell' estate 2017, come in un film, si è presentata l' occasione. Solo che non era finzione, ma realtà. Il ragazzo disabile si trovava in una spiaggia libera a Sabaudia con papà Giovanni, mamma Emilia e la sorellina Gaia e il mare ha incominciato a ingrossarsi. Ha sentito gridare «aiuto!» tra le onde e ha visto due testoline che annaspavano tra i cavalloni. Fiore sbocciato - L' allora 17enne, con la sua sindrome di Down, si è tuffato senza esitare insieme al padre, ma solo lui, trovando la forza chissà dove, ha prima raggiunto una delle due piccole che stava affogando poi, mettendo bene in pratica le nozioni del corso di salvataggio, l' ha riportata a riva sana e salva. Nessuno gli ha detto grazie, ma lui rifarebbe altre cento volte ciò che ha fatto, perché è un generoso e non ha avuto paura: a differenza di tanti "abili" sapeva esattamente come comportarsi. «Valerio è un fiore che non fiorirà mai», l' aveva definito il genetista al momento della nascita. Invece quel fiore, a suo modo, è sbocciato e non intende fermarsi nel mare agitato della vita. Il segreto per non affogare, in fondo, è semplice, ha detto Valerio: «Bisogna sempre tenere su la testa». Lezione agli odiatori codardi. di Brunella Bolloli

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