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Facci: il legame da svelare tra stilisti gay e modelle anoressiche

di Lucia Esposito domenica 10 agosto 2014

2' di lettura

C’è questa proposta di legge bipartisan - ne ha parlato Libero di martedì - che vorrebbe punire l’incitazione all’anoressia, cioè quei siti e blog che in pratica consigliano come mangiare sempre meno sino a rischiare la pelle. La lotta ai disturbi alimentari è una cosa seria, ma vien da condividere l’opinione dello psichiatra Gustavo Charmet che su Repubblica ha ribadito quella che purtroppo non è una novità: c’è un problema di modello, meglio, un problema di modelle scheletriche che propugnano ideali di bellezza allucinanti e che devastano le menti delle ragazzine. Meglio ancora: il problema forse non sono neanche le modelle ma chi le vuole così. Ricordo - ma è solo un esempio - quando nel 2006 gli stilisti Dolce & Gabbana furono intervistati e dissero così: «Questa storia delle anoressiche è una montatura pubblicitaria, ma dove sono queste ragazze grissino?». Ma come dove sono? Venne il sospetto che vedessero il mondo con occhi diversi: un mondo dove a una modella di 52 chili, nel febbraio di quell’anno, venne impedito di sfilare: troppo grassa. Quindi è vero, forse è così, ci sarebbe da fare una campagna culturale - come si dice - anche perché ogni anno si legge che stanno tornando di moda le bellezze in carne: ma poi non è mai vero. Brutte - Il problema delle magrezze da lager forse andrà risolto quando la prevalenza maschile avrà modo di spiegare, a queste modelle, che messe così sono semplicemente brutte: un aspetto, questo, che mediaticamente fatica a filtrare. Per saperlo occorre averle viste - dal vero - e aver percepito il saldo tra come appaiono in immagine e come di persona: evanescenti, compendio di anatomia, gambette da cicogna, troppo spazio tra una coscia e l’altra, spigolose, sempre mezze storte, sguardo da carpa. Un giorno prenderanno le foto di quelle che muoiono di fame in Angola e ci metteranno sotto direttamente il logo di uno stilista. Svestite - Bisognerebbe essere crudeli, spiegare che una donna che è perfetta da vestita - secondo il modello dei signori della moda - quasi sempre è troppo magra da svestita: col risultato che i modelli sbagliati non influenzano solo le ragazzine ma anche «milf» di quarant’anni che inseguono la taglia 40 e che vivono a dieta, s’ammazzano di ginnastiche, esibiscono corpicini da appendiabiti per la soddisfazione degli stilisti omosessuali appassionati di modelle morte di fame. Piacere alla moda o piacere agli uomini: andrebbe spiegato che il problema è anche questo. E nessuno ci accuserà di omofobia se aggiungiamo che c’è da fare i conti con il ruolo degli omosessuali nella scelta delle modelle: può sembrare una tesi facilona e aberrante, ma l’equivoco - nel mondo della moda e dell’immagine - nasce anche da una prevalenza che non è maschile bensì omosessuale, appunto: sono loro, spesso, dagli stilisti in giù, a rifuggire per istinto la femminilità più spiccata a vantaggio di una femminilità più androgina. Le ragazze, tendenzialmente, dovrebbero piacere ai ragazzi: ma ricordarlo, forse, è opera di retroguardia. 

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