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Silvio Berlusconi, la sentenza sugli Agnelli che gli fa credere nell'assoluzione in Mediaset

di Maurizio Belpietro domenica 27 luglio 2014

3' di lettura

La Corte dei diritti dell’uomo di Strasburgo sancisce definitivamente che l’Italia viola il giusto processo e il diritto a non essere sanzionati due volte per lo stesso reato. «Ne bis in idem», si dice in latino e letteralmente si traduce: non due volte per la medesima cosa. In pratica è la tutela dell’imputato di fronte a uno Stato che potenzialmente potrebbe vessare il reo all’infinito. Nella fattispecie la sentenza è legata alla vicenda Ifil e all’equity swap con Exor presieduta da John Elkann. E al ricorso avviato da Franzo Grande Stevens dopo che la società e le persone fisiche avevano subito sanzioni amministrative da parte di Consob e multe da parte della giustizia ordinaria. I due principali protagonisti erano stati poi condannati a un anno e 4 mesi con la sospensione condizionale della pena, a 600mila euro di multa e all’interdizione di un anno dai pubblici uffici e dalla professione. La scorsa settimana la Corte ha rigettato il ricorso dell’Italia che era uscita soccombente già dalla sentenza di marzo e di fatto costituisce un precedente che potrebbe essere destinato a fare giurisprudenza non solo in Italia ma anche negli altri 46 paesi membri del Consiglio d’Europa. Teoricamente una valanga di ricorsi. Il primo dei quali porta il nome di Silvio Berlusconi. I cui legali si sono rivolti a Strasburgo per denunciare una situazione paritetica: doppio giudizio (amministrativo e penale) per l’inchiesta sui diritti tivù Mediaset. C’è dunque da scommettere che la vittoria di Grande Stevens e Ginaluigi Gabetti verrà issata a mo’ di vessillo. I giudici di Strasburgo hanno infatti stabilito che «nonostante le sanzioni imposte dalla Consob siano descritte come amministrative dalla legge italiana, la loro severità (nel caso specifico) è tale da fargli assumere una connotazione penale». Di conseguenza aver processato penalmente per gli stessi fatti già sanzionati dalla Consob Exor spa, Giovanni Agnelli & C. Sas, Gianluigi Gabetti, Giovanni Agnelli, Virgilio Marrone e Franzo Grande Stevens, ha violato il loro diritto a non essere giudicati e condannati due volte. Come è normale che sia, la Corte non può imporre all’Italia di cambiare le proprie leggi in merito alla possibilità di infliggere sanzioni amministrative, disciplinari e al contempo condanne penali, ma avanza una pesante «moral suasion» perché faccia almeno in modo che i processi amministrativi e quello penali viaggino in parallelo. Non si doppino. In sostanza, la vittoria di Ifil sembra destinata a entrare nella letteratura, mentre difficilmente avrà effetti concreti sugli attori. Al contrario potrebbe essere utilizzata come grimaldello per rivedere alcuni aspetti del processo Mediatrade. Silvio Berlusconi, dopo aver pagato in sede civile per l’evasione fiscale, poteva essere processato penalmente? Una vittoria a Strasburgo allineata con la sentenza Ifil farebbe pendere l’ago della bilancia per il no. Rimettendo in discussione le pene accessorie. Alias, la questione dell’incandidabilità. Non è un caso che nel pool di avvocati che ha vinto a Strasburgo figuri anche Franco Coppi, avvocato dell’ex presidente del Consiglio. «Preciso che non faccio parte del collegio difensivo di Berlusconi e dunque non mi esprimo su questo caso. Osservo che il ricorso che il professor Coppi ha presentato alla Corte di Strasburgo per Silvio Berlusconi ha delle analogie con il nostro - ha raccontato a LaPresse lo scorso marzo l’avvocato Michele Briamonte dello studio Grande Stevens - noi invece facemmo ricorso alla Corte europea per i diritti dell’uomo già durante il primo grado nel 2009, ed ottenemmo l’ammissibilità nel 2012. Mentre nelle corti italiane la questione fu ritenuta manifestamente infondata per ben tre volte». Tra l’altro, la Corte di Strasburgo ha richiamato il caso di Sergey Zolotukhin, militare russo condannato nel 2003 a due giorni di cella di isolamento dopo una rissa, sanzione che in Russia è considerata amministrativa, e poi a due anni di carcere al termine di un processo penale. Nel 2009 la Corte di Strasburgo ritenne illegittima la seconda condanna secondo il principio del «ne bis in idem», proprio come potrebbe accadere a Silvio Berlusconi, condannato amministrativamente e penalmente nella vicenda dei diritti Mediaset. di Claudio Antonelli

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