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Luciana Littizzetto, sceneggiata contro Elkann: "Repubblica non è un chiosco di patatine"

lunedì 15 dicembre 2025

3' di lettura

La vendita di Repubblica e La Stampa sta mandando in tilt la sinistra. A parlarne, nella consueta letterina, anche Luciana Littizzetto. La comica torinese durante Che Tempo Che Fa se la prende con John Elkann, reo di voler dar via i quotidiani di cui è editore. "Pare che vendano il gruppo Gedi, dove c'è la Stampa, Repubblica, Radio DJ, Radio Capital, M2o.., Tutto quello che faccio io. Allora, ho preparato una letterina. Caro John Elkann, in finanza detto lupo fratello di Lapo, dell'Italia Stellantis cometa, stalliere di cavallino Ferrari. Nato il primo di aprile, ma il pesce lo sta rifilando a noi... Erede dell'Avvocato che fino a un certo punto ha fatto di Torino un diamante nel mondo. Solo che diamante è per sempre, ma a quanto pare noi di Torino invece no. Chi ti scrive, caro John, è una tua dipendente di Radio DJ a partita IVA. Pagamenti sempre puntuali, su questo niente da dire. Ti scrivo anche in quanto ex proprietaria di macchine Fiat, e quindi almeno mezzo battiscopa di una delle tue ville è stato finanziato dalla mia famiglia..". Insomma una questione quasi personale...". 

A riguardo Littizzetto si dice "preoccupata di quello che sta succedendo a due grandi giornali e un po' di radio che tu vuoi vendere come è nel tuo diritto. Così come è nel nostro sentirci preoccupati, perché i giornali, quelli seri, sono da sempre il cane da guardia del potere. Sono la libera informazione, sono il pensiero critico, indipendente. E abbiamo paura che invece diventino altro nelle mani di chi possiede ormai grandi pezzi di mondo. Per questo i giornalisti sono in assemblea permanente, e per questo si sono trasformati in guerrieri Jedi, con le penne laser al posto delle spade. Perché, caro Elkann, non è che stai vendendo un chiosco di piadine, stai vendendo un pezzo importante della storia culturale italiana". 

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Ed ecco che come tutta la sinistra, nel mirino - per inspiegabili motivi - ci finisce Giorgia Meloni. "Ora il governo sta mediando. Adesso sì, siamo tranquilli. Perché se ci pensa il governo...Mi aspetto di passare domani alla sede della Stampa e trovarci un negozietto cinese che fa gli orli. C'è un compratore, è vero, si chiama Teodoro Kyriakou, è un armatore greco, amico di Trump, e ha come socio d'affari Bin Salman, il principe ereditario dell'Arabia Saudita che nella vita ha tre passioni, il petrolio, Renzi e comprare tutto ciò che passa per l'Europa. Cosa pensi che gliene freghe a Bin Salman di Torino? Non credo venga per la sindone". 

Da qui la conclusione: "Di una cosa solo sono certa, John, che noi tutti, conduttori, artisti, giornalisti, se domani ci sveglieremo e scopriremo di lavorare per un fondo greco, arabo o marziano, continueremo a fare quello che abbiamo sempre fatto, a raccontare il mondo come lo vediamo, senza farci influenzare. Potete comprarci, venderci", "potete prendere Augias e fargli ballare il sirtaki insieme a Giannini mentre la De Gregorio taglia la feta, obbligare Linus a cambiare il nome del programma in Deejay chiama Grecia, ma quello che non potete comprare è la testa di chi scrive, la lingua e il cuore di chi fa la radio, è la schiena dritta di chi fa giornalismo e di chi come me sale su un palco per dire quello che vede e non quello che conviene. Perché un giornale può essere venduto, ma la stampa, quella vera, non è in vendita, il giornalismo non è un asset, la satira non è un orpello, la radio non è un gioco da tavolo del potere, non ci sono solo i soldi nel mondo, ricordatelo John, e ricordatevi una cosa signori investitori, possiamo lavorare per voi ma non saremo mai vostri". 

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