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Agli italiani salvare Roma costa ancora 15 miliardi

di Fosca Bincher domenica 2 marzo 2014

3' di lettura

Roma sarà salvata a puntate, ma il copione è già scritto, e il conto della spesa pure: 15 miliardi di euro. Ora è arrivata la tranche da 600 milioni di euro (570 +30) con il decreto legge di Matteo Renzi che pur borbottando si è piegato alle minacce del sindaco capitolino Ignazio Marino. Ma il conto della spesa è ancora lungo, e facendo venire un brivido sulla schiena dei contribuenti italiani l’ha ben spiegato ieri a Il Messaggero il professore Massimo Varazzani, che da metà 2010 guida la gestione commissariale del debito pregresso di Roma. Il manager (e banchiere: è stato in Bankitalia, al Credito italiano e alla Cassa depositi e prestiti), quando arrivò il 26 luglio 2010 si trovò di fronte un vero e proprio muro del debito: 22 miliardi e 400 milioni di euro. In gran parte erano debiti finanziari (prestiti e mutui bancari) che ammontavano a 13,8 miliardi di euro. Ma c’erano anche debiti non finanziari per 8,6 miliardi di euro (dalle multe a quelli commerciali). Varazzani si mise al lavoro. Ottenne una entrata certa da parte del Tesoro: un contributo annuale perpetuo da 500 milioni di euro. Il governo poi si fa ridare dal comune di Roma 200 milioni di euro, che per 180 milioni sono pagati dai cittadini della capitale grazie a un aumento ad hoc dell’Irpef comunale, e per 20 milioni sono assicurati dai viaggiatori di tutto il mondo costretti a pagare una sovrattassa di imbarco agli aeroporti di Fiumicino e Ciampino. Varazzani a quel punto ha la certezza di avere in tasca ogni anno 500 milioni di euro “per sempre”. Si mette al lavoro. Scopre che alcuni debiti sono inesigibili, e semplicemente li cancella. Al Comune di Roma avevano svuotato come si dice tutti i cassetti senza nemmeno guardare. Salta fuori ad esempio che continuavano a inseguire 360 milioni di euro di vecchie multe ormai estinte perché da anni era intervenuto un condono. Un credito inesigibile che quindi viene cancellato. Per fortuna accade pure con qualche vecchio debito. Che risulta al primo controllo già saldato. Varazzani dice al governo allora in carica: “Per i debiti finanziari dove posso ricontratterò. Cercherò di fare in fretta e pagare tutti i debiti non finanziari. Quando avrò saldato l’ultimo cent di questa partita però me ne andrò, e la gestione commissariale dovrà esser chiusa”. Grazie al contributo perpetuo da 500 milioni è andato dalle banche, e ha scontato con varie operazioni che vengono rinnovate già 30 anni di contributi. E cioè 15 miliardi di euro futuri, che verranno presi per 6 miliardi dalle tasche dei romani e per 9 miliardi da quelle di tutti gli italiani. Man mano ha pagato i debiti, con un lavoro che ha fatto risparmiare centinaia di milioni di euro di interessi passivi. Al 31 dicembre scorso ne sono restati in tutto 14,9 miliardi, la gran parte finanziari. Secondo il suo ruolino di marcia nel 2017 avrà pagato tutti i debiti non finanziari, a patto che Marino si dia da fare e regoli debiti fuori bilancio, contenziosi ed espropri che in tutto valgono un miliardo di euro. A quel punto Varazzani se ne andrà, e la gestione commissariale sarà chiusa. Non per le tasche degli italiani. Perché- spiega lui- a quel punto resterebbero i mutui. Quanto? “Qualcosa più di 5 miliardi di euro”. Nove già scontati scontati in banca per il futuro qualcosa più di 5 miliardi alla fine e 600 milioni di euro ora nella prima tranche: ecco fatto il conto finale di 15 miliardi prelevati dalle tasche degli italiani (più altri 6 miliardi che verranno da quelle degli abitanti e viaggiatori di Roma). Se vuole restare in sella fino alla fine della legislatura dunque Renzi è meglio che metta da parte risorse per Roma. Perché fra 3 anni gli arriverà un conto dieci volte superiore a quello pagato controvoglia oggi. “Lo Stato deciderà che fare. O versa un nuovo contributo annuale per pagare le rate di quegli oltre 5 miliardi di mutui, oppure salda la cifra subito e li chiude tutti risparmiando sugli interessi e spalmandosi la spesa su più anni, cosa che la gestione commissariale non può fare…”. di Fosca Bincher

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