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Giustizia, la legge vieta la prigione agli scippatori

di Ignazio Stagno domenica 14 settembre 2014

4' di lettura

I lettori milanesi sono stati informati da poche righe in cronaca. Se riassumo la vicenda è dunque ad uso e consumo di chi non riceve le pagine dedicate al capoluogo lombardo. Martedì, in una zona centrale e ben frequentata della città, una donna di 68 anni è stata seguita fin dentro l’androne del palazzo in cui abita, dopo di che le è stata strappata la collanina che portava al collo. Lo scippo ha avuto un esito violento, perché nella colluttazione che ne è seguita la vittima ha riportato ferite al collo. Non fosse per il seguito, si potrebbe dire che si è trattato di un episodio di ordinaria criminalità che ormai si registra quotidianamente nelle nostre metropoli. Sennonché lo scippatore una volta presa la collanina e fuggito è stato inseguito da un avvocato, il quale con la collaborazione di altri passanti è riuscito ad acciuffare il ladro. Tutto bene dunque? No, per niente, in quanto il bandito, una volta portato di fronte al magistrato, si è visto togliere le manette e rimandare a casa invece che in cella. Non dico che gli siano state rivolte delle scuse, ma quasi, e la colpa per una volta non è del pm ma della legge che pur non condividendo ogni procuratore è tenuto ad applicare. Vi pare cioè incredibile che un tizio preso in flagranza di reato, dopo aver procurato lesioni a una donna, venga rimandato a casa con una pacca sulla spalla e al massimo una ramanzina? Eppure è la logica conseguenza di una misura approvata dal Parlamento italiano su indicazione del governo. Sotto il nome di Svuota carceri e con la scusa di venire incontro a una precisa richiesta dell’Europa, che altrimenti minacciava pesanti sanzioni nei confronti dell’Italia, mesi fa Camera e Senato hanno votato in tutta fretta una norma che praticamente fa divieto ai pm di mandare in galera chiunque non corra il rischio di essere condannato a una pena detentiva superiore ai tre anni. Risultato, di fatto si è garantita l’impunità a ladri, spacciatori, scippatori, stalker e tutte quelle persone che commettono reati che spaventano l’opinione pubblica ma che - chissà come mai - i politici liquidano come microcriminali. Chi strappa la collanina a una pensionata di ritorno dalla spesa certo non è un grande criminale, ma il collo ferito della donna è più importante di tanti discorsi sulle truffe alle banche o sulla corruzione, perché quella violenza contribuisce a generare un senso di insicurezza fin dentro la propria abitazione. Quando nell’edizione del 2 luglio scorso noi di Libero, in assoluta solitudine, denunciammo il rischio che metter fuori i ladri e dichiararli non arrestabili fosse un autogol che avrebbe reso ancora più pericolose le nostre città, fummo accolti dallo scetticismo. Pochi altri organi di stampa decisero di approfondire la faccenda e anche quei pochi che scelsero di occuparsene lo fecero con scarsa convinzione. Risultato, la legge non è stata rivista né corretta, ma è stata pubblicata tale e quale sulla Gazzetta ufficiale. A onor del vero bisogna riconoscere che a stare zitti non sono state solo le principali testate, le quali sono solite commentare i grandi fatti ma non quelli che toccano la gente comune. A tacere, insieme ai quotidiani, sono stati anche coloro i quali la legge la debbono applicare, ossia i magistrati. Se il governo li tocca nel portafoglio o nelle ferie, apriti cielo. Ma se invece li colpisce nell’autonomia di spedire dietro le sbarre un tizio preso con le mani nella marmellata, anzi con le mani intorno al collo di una donna indifesa, fanno spallucce: un lavoro di meno. Né l’Anm, né il Csm - da cui è venuta un’alzata di scudi contro le parole pronunciate dal premier a Porta a porta a proposito delle vacanze - hanno sentito il dovere di protestare. Silenzio anche dalle Procure, di solito ciarliere nel denunciare ogni virgola berlusconiana in materia di giustizia. Risultato: lo scippatore di martedì - insieme a tanti altri all’opera nelle città italiane - ha goduto della libera uscita e con lui hanno beneficiato della legge salva dalla galera anche alcune migliaia di condannati. Alla vigilia delle vacanze, solo a Milano ne sono stati messi fuori poco meno di un migliaio. Non si sa se sia stato uno di questi a rubare, togliendola dal tetto della vettura su cui era stata fissata, la bicicletta nuova fiammante di un giudice in partenza per le ferie. Ma se non è stato un ex galeotto è stato di sicuro qualcuno a conoscenza del fatto che rubare una bici è un reato senza pena, perché la galera è riservata ora solo ai colletti bianchi. Quelli che invece il colletto e le mani ce le hanno rosse di sangue per aver fatto battere la testa a una pensionata, possono stare tranquilli. di Maurizio Belpietro maurizio.belpietro@liberoquotidiano.it @BelpietroTweet

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