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Immigrazione, lo scafista arrestato e rilasciato sette volte in 7 anni

di Nicoletta Orlandi Posti domenica 31 agosto 2014

2' di lettura

L'hanno identificato cinque volte a Lampedusa, una volta l'hanno arrestato a Siracusa, sabato l'hanno acciuffato a Pozzallo dopo che aveva portato in Sicilia 200 migranti siriani. Honeim Tarak, 28 anni, egiziano di mestiere fa lo scafista e il carcere non gli fa paura. Chiuso nel piccolo penitenziario di Ragusa continua a dichiararsi estraneo alla vicenda, dice ad Andrea Galli del Corsera di essere vittima di una congiura: sbagliano i poliziotti e sbagliano i migranti che l'hanno indicato come capo della traversata. "Uscirò a breve" - Fa un po' scena, ma si dice anche certo che uscirà di galera breve, pronto a riprendere il suo lavoro.  Ad aiutare Tarak nell'ultimo viaggio anche due connazionali che non sapevano come pagare il viaggio: gli organizzatori hanno detto loro di salire in barca, "puntare la Sicilia, e a un certo punto far partire l'Sos - la prassi ormai è questa - tanto gli italiani con l'operazione Mare Nostrum avrebbero provveduto a salvarli". Una frase, quest'ultima, con cui uno scafista certifica il fallimento del progetto Mare Nostrum, l'operazione di salvataggio dei profughi che, in buona sostanza, si traduce soltanto in un incentivo all'esodo: sanno che, qualcuno, andrà a salvarli. Anche gli italiani - Il lavoro di traghettatore, però, non è un lavoro che fanno solo gli stranieri. Galli racconta di due scafisti brindisini e di un tarantino che in distinti viaggi a Leuca e nel Canale di Otranto hanno portato in Puglia 39 africani. Le traversate, spiega il Corriere, vengono organizzate in collaborazione con la criminalità albanese e come strategia d'azione viene riproposto il modello del contrabbando di sigarette: le navi con il carico in mare aperto e piccole imbarcazioni che fanno la spola. Violenze sui migranti - Quanto ai migranti vengono picchiati alla testa e ai reni con grosse spranghe di ferro alla partenza, costretti ad affrontare la tra traversata del Mediterraneo a bordo di un gommone che dopo 12 ore di navigazione ha iniziato a sgonfiarsi per via di un foro alla prua. È questo lo scenario in cui è maturata l’ultima tragedia del mare, con 18 corpi trasportati domenica a Pozzallo. A raccontare le violenze subite sono stati i superstiti, ascoltati dagli agenti della squadra mobile di Ragusa ne hanno fermato un presunto scafista. Quest’ultimo, cittadino del Gambia, ha confermato le violenze sui migranti. A bordo del gommone viaggiavano oltre cento persone.

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