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Il "marziano" di Flaiano va in periferia: il progetto di undici artisti di strada e fumettisti

di Davide Locano domenica 16 settembre 2018
2' di lettura

Scendono dai muri (anzi, dai murales) per approdare sulle pagine di una corposa graphic novel, intitolata “De Core” (edizioni Il Galeone), ispirata al celebre racconto degli anni ‘60, divenuto commedia teatrale e poi film, “Un marziano a Roma” di Ennio Flaiano. Rielaborato in chiave metropolitana, il progetto è firmato da un collettivo di 11 giovani street artist e fumettisti – tra cui Tilf, Andromalis, Croma, Aladin Hussan, Jump, NIgra Pica, Marco About, Marta Bianchi, Mauro Sgarbi, Er Pinto e Yest, questi i nomi veri o “di bomboletta” - provenienti da varie città e nazioni. Ognuno di loro ha reinventato, facendolo transitare nei quartieri popolari della periferia romana, l’alieno creato dalla fertile fantasia di Flaiano. Il poliedrico scrittore, umorista e sceneggiatore di capolavori firmati da registi del calibro di Fellini, Monicelli, Lattuada, William Wyler. Flaiano aveva tratto ispirazione da un fatto di cronaca che, ai tempi della Dolce Vita, aveva riempito le pagine rosa dei rotocalchi: l’arrivo in Italia di Faruk. Il re egiziano che si trasferì nella capitale, per vivere in una sorta di esilio dorato, subito trasformato in idolo dal jet set romano. Per poi finire, altrettanto in fretta, usato e dimenticato da quella stessa società che lo aveva acclamato. Invece di far atterrare la navicella spaziale dentro alla centralissima villa Borghese, nell’incipit di “DeCore” l’astronave del marziano precipita lungo le strade sporche e rissose di Tor Sapienza. Estrema periferia da cui inizierà il suo tormentato e stralunato pellegrinaggio alla ricerca di una traccia di umanità, spesso più aliena negli esseri umani che nell’alieno. «Per realizzare quest’opera, tutti noi artisti di strada, fumettisti, grafici, editor, ci siamo riuniti al Bam, la Biblioteca abusiva metropolitana, coinvolgendo nuove energie creative, tenute insieme dalla passione per l’arte, che ci accomuna tutti, pur provenendo dai settori più diversi» spiega Mauro Sgarbi, street artist molto attivo tra Roma e Milano. Italiano al cento per cento ma nato in Malesia, dove ha studiato prima di stabilirsi in Italia. Sono opera delle sue mani, e dei suoi spray, alcuni tra i più accattivanti murales che si possono ammirare lungo le strade del rione Esquilino. Veri affreschi poetici, il cui fine è coniugare realtà apparentemente inconciliabili e distanti. Come il trittico, firmato con Riccardo Beetroot, che raffigura Trilussa, autore celebre in tutto il mondo per i suoi sonetti in romanesco; il profilo austero del sommo vate Dante Alighieri e, nel mezzo, il volto dai tratti inconfondibili di una giovane migrante nigeriana.. «Così il padre della lingua italiana, anche lui emigrante da Firenze da cui è dovuto scappare, guarda negli occhi una possibile italiana del futuro, nel quartiere più multietnico d’Italia se non d’Europa. Simbolo che tutto può accadere, se non abbiamo pregiudizi. L’arte, quella metropolitana in particolare, ci insegna questo dietro ogni murales». di Beatrice Nencha

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