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Stupro di Rimini, i due fratelli marocchini dovevano essere rimpatriati nel 2014

di Giulio Bucchi domenica 10 settembre 2017
2' di lettura

C'è lo zampino della giustizia italiana nello stupro di gruppo in spiaggia a Miramare di Rimini su una turista polacca. Due dei quattro violentatori, i due fratelli marocchini residenti a Vallefoglia (Pesaro), dovevano essere rimpatriati insieme alla madre e altri due fratelli in Marocco da almeno tre anni. E invece il giudice ha deciso di far venire in Italia il padre, già a suo tempo tornato in Marocco perché a sua volta rimpatriato e in carcere. Una assurdità che ha, di fatto, rovinato la vita alla 26enne polacca, a suo marito pestato a sangue e alla trans peruviana violentata quella stessa notte.  Come riporta il Quotidiano nazionale, lo Stato italiano aveva cercato in tutti i modi di rispedire in Nord Africa la famiglia marocchina, residente in un alloggio popolare. "Era il 2014. Avevamo trovato i soldi, più o meno 5 mila euro a persona o forse di più, per farli rientrare in Marocco dove si trovava il padre già espulso - spiega il sindaco Palmiro Ucchielli -. Tutto era pronto, anzi madre e i quattro figli erano andati in caserma per partire. Poi non so cosa sia successo ma attraverso il tribunale dei minorenni ci siamo ritrovati il padre di nuovo a Vallefoglia mentre noi ci aspettavamo che la famiglia se ne andasse per sempre". In casi come questi il consenso dei genitori per il rimpatrio è decisivo. La madre aveva accettato, dietro un rimborso di 25mila euro e viaggio pagato. Una condizione più che favorevole, ma all'ultimo momento ci ha ripensato, probabilmente dietro "consiglio" del marito. Una volta saltato il rimpatrio, infatti, l'uomo (che ha convinto i figli a costituirsi dopo lo stupro) è così tornato in Italia illegalmente e il Tribunale dei minori di Ancona non ha potuto far altro che strappargli la promessa di rimettere in riga i figli. Figli che, con un passato recente di piccoli reati e bullismo a scuola, erano ben noti nel paesino marchigiano: "Erano abbandonati a loro stessi. Non avevano da mangiare, letteralmente. Facevamo degli acquisti a turno per comprargli panini e cibo - spiegano a scuola -. Avevano delle potenzialità positive ma la loro condizione familiare azzerava tutto. Sapevano di non dover rendere conto a nessuno, perché il padre a quel tempo era in Marocco, forse in carcere, e qui stavano con la madre, che non lavorava, e altri due fratellini. Il Comune pagava bollette, spesa, affitto, la Caritas offriva il pacco ma quei figli non studiavano e non volevano ascoltare. Perché non erano stati educati a farlo". Hanno rovinato la vita anche alla vicina, che ha rimediato 15 giorni di prognosi dopo aver esposto 5 querele per stalking contro la marocchina e i suoi figli, che l'avrebbero a più riprese insultata e picchiata. In tutta questa vicenda, il padre 51enne, agli arresti domiciliari, appare quasi uno stinco di santo. 

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