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"Sentenze in cambio di soldi",arrestate sette persone,tra loro un giudice del Tar

L'accusa della procura di Roma è di corruzione in atti giudiziari. Bastava un incontro con la toga e pagare 50mila euro per avere la giustizia dalla propria parte
di Ignazio Stagno domenica 28 luglio 2013

2' di lettura

Dalla toga alle manette. I carabinieri del Noe hanno arrestato questa mattina sette persone, su richiesta della Procura di Roma, con l'accusa di corruzione in atti giudiziari. In manette, fra gli altri, il giudice del Tar del Lazio, Franco Angelo Maria De Bernardi, l'ex presidente della Banca Popolare di Spoleto, Giovannino Antonini, l'avvocato Matilde De Paola e l'uomo d'affari Giorgio Cerruti. Il gip, su richiesta del pm Stefano Pesci ha firmato nel dettaglio 3 ordinanze di custodia cautelare in carcere e 4 ai domiciliari. Nell'inchiesta risultano indagati anche due alti ufficiali della Marina Militare. La procura di Roma punta il dito contro il giudice De Bernardi. Secondo il pm, Antonio Pignatone, la toga del Tar era a capo di un sistema collaudato. Tariffario per le sentenze - Bastava fiissare un incontro nel suo ufficio o nello studio legale ed era possibile avere qualche chance in più di vincere un ricorso amministrativo, battendo gli avversari dentro il segreto della camera di consiglio. Secondo la procura al Tar c'era un vero e proprio tariffario con prezzi che variavano a seconda del cliente: cinquantamila euro per una banca che aveva in ballo affari da milioni di euro, diecimila per un ammiraglio, alle prese con un ricorso personale. Secondo gli inquirenti il giudice De Bernardi, mostrava una particolare attenzione per i suoi "clienti". La toga, sempre secondo l'accusa, era in grado di soppesare economicamente chi bussava alla sua porta e di adattare alle "disponibilità" le sue richieste economiche. Il precedente - De Benardi non è nuovo a casi del genere. Già lo scorso maggio era finito nel bel mezzo di un'inchiesta della guardia di finanza su una centrale di riciclaggio per il denaro sporco a Palermo. Il magistrato era accusato di aver gestito lo scambio di enormi quantità di denaro direttamente dal suo ufficio al Tar del Lazio. L'organizzazione puntava a ripulire, secondo l'accusa, decine di milioni di dollari bloccati da anni perchè provenienti da maxi tangenti della prima Repubblica. (I.S)

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