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FUGA DI CERVELLINon solo i ricercatori e i giovaniOgni anno espatriano 1.000 manager

Secondo l'ultima indagine sono oltre 10.000 quelli che già lavorano stabilmente oltreconfine
di Nicoletta Orlandi Posti domenica 24 novembre 2013

3' di lettura

'Fuga di cervelli' anche tra i manager italiani: ormai quasi 1.000 all'anno espatriano per lavoro e sono più di 10.000 quelli che già lavorano stabilmente oltreconfine. Un fenomeno in crescita e preoccupante, evidenziato da un'indagine di AstraRicerche per Manageritalia e Kilpatrick, svolta a settembre 2013 e a cui hanno risposto via web 447 manager espatriati dei 1.500 interpellati. Ne emerge che i manager per lo più vanno all'estero volutamente (93%), concordandolo con l'azienda nella quale operano in Italia (49%) o cercandone una che offra quest'opportunità (44%).  L'Eldorado - Perchè ormai andare all'estero è un obbligo. Si va all'estero per cogliere possibilità professionali più stimolanti di quelle presenti in Italia (51%), fare un'esperienza internazionale (38%), perchè è passaggio obbligato per fare carriera in azienda (24%). C'è anche chi è stato obbligato dal non aver trovato opportunità interessanti in Italia (27%) o da motivi personali/familiari (9%). Solo il 5% quelli che erano già all'estero per motivi di studio e sono poi restati lì in pianta stabile. Ma se professionalmente l'estero è un Eldorado, i dirigenti espatriati rimpiangono la vita in Italia. Il 97% è molto (75%) o abbastanza (22%) soddisfatto del lavoro, l'87% della vita personale, l'81% delle relazioni. Per gli intervistati all'estero c'è piu' meritocrazia in tutti gli ambiti (86%) e è più facile fare carriera per merito e senza avere particolari conoscenze (79%), che valgono e si usano in relazione al merito e all'esperienza delle persone (79%). L'Italia resta il Paese più bello - Bocciata sul fronte lavorativo, l'Italia resta comunque per i manager espatriati il più bel Paese dove vivere (84%), tant'è che vorrebbero che il Paese dove vivono oggi la prendesse ad esempio per molti aspetti della vita sociale (80%). Ma poi riemerge con forza l'attualità, tant'è che si afferma che nell'Italia di oggi non ci sono prospettive né a livello economico né a livello sociale per pensare di tornare (83%). Nonostante questo, quasi tutti tornerebbero in Italia durante la vita lavorativa (92%), alcuni certamente (44%) e altri forse (48%). I principali motivi per tornare sono però quasi solo affettivi: per un riavvicinamento alla famiglia (57% d'origine) e/o per la qualità della vita (45%). Poco più di un terzo (37%) quelli che tornerebbero per opportunità professionali.  Un altro mondo - A detta degli intervistati all'estero, indipendentemente dal paese o continente di appartenenza, i manager sono ritenuti una componente importante della classe dirigente (96%), sono una delle professioni più ambite dai giovani (76%) e hanno ruolo e voce in capitolo nel definire le scelte economiche del paese (65%). A questo si aggiunge che c'è una netta distinzione tra top manager della finanza e la generalità dei manager (72%). Insomma, un altro mondo rispetto all'Italia. Sempre riferendosi al paese estero dove vivono oggi, meno della metà (40%) afferma che i top manager hanno una pessima reputazione, mentre solo l'11% dice che i manager in generale abbiano una pessima immagine presso la gente comune. Ci riavviciniamo un po' all'Italia parlando del settore pubblico che all'estero denota per i manager una certa intercambiabilità professionale con quello privato (52%), e un'immagine non eccelsa, tant'è che solo nel 46% dei casi si ritiene che i manager pubblici siano validi e stimati (46%).

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