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Coppola, assolto dopo due anni: "Il fatto non sussiste"

L'imprenditore esce dal carcere dopo un infarto, un tentato suicidio e una fuga. "Qualcuno si deve vergognare"
di Andrea Tempestini sabato 11 maggio 2013

Danilo Coppola

2' di lettura

  La corte di appello di Roma ha assolto Danilo Coppola, perché il fatto non sussiste, dall’accusa di bancarotta fraudolenta in relazione al crac della società Micop, vicenda costata in primo grado all’imprenditore una condanna a sei anni di reclusione e una lunga custodia cautelare preventiva. Stesso destino processuale anche per Daniela Candeloro, ex addetta alla contabilità, oggi assolta dopo essere stata condannata a 4 anni dal tribunale. Si è chiusa così una vicenda giudiziaria su cui ha certamente pesato la decisione con cui lo scorso dicembre la Corte di Cassazione, accogliendo il ricorso della Micop, aveva decretato la nullità della sentenza di fallimento.  "Arresto creato ad arte" - I giudici della corte di appello di Roma hanno disposto nei confronti di Danilo Coppola la restituzione delle partecipazioni azionarie precedentemente poste sotto sequestro, compresa la quota del 2% di azioni della Banca Intermobiliare di Investimenti e Gestioni (BIM). "Il periodo di detenzione, subito da Coppola per le accuse per cui oggi si è avuta l’assoluzione piena, ha provocato centinaia di milioni di danni al Gruppo", si legge in una nota. E l’imprenditore, dopo l'assoluzione, ha così commentato: "Il mio arresto, come ho sempre detto, è stato creato ad arte ed in molti oggi si dovrebbero per questo vergognare". Nel corso dei due  anni passati in cella, Coppola tentò il suicidio, e nel novembre 2007 ebbe un arresto cardiaco ed entrò in coma. Nel dicembre dello stesso anno la fuga dall'ospedale, per poi riconsegnarsi alla polizia. Nel giugno del 2010 raggiunse un accordo con il Fisco per saldare il suo contenzioso: versò all'erario 160 milioni di euro.     

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