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Selvaggia Lucarelli: bimbo "rapito", le mamme in tv sono il nuovo trauma

di Giulio Bucchi sabato 13 ottobre 2012

5' di lettura

Eviterei le prediche sui confini che la tv non dovrebbe superare e andrò dritta al punto: il circo che si è scatenato in questi giorni sul bambino di Padova prelevato fuori dalla scuola è uno dei casi mediatici più disgustosi e deplorevoli al quale abbia mai assistito. E non lo sostengo dopo un distratto giro di zapping. Ho guardato tutto, compreso quello che mi ero persa recuperandolo online, e sono scossa come se qualcuno avesse trascinato me, per le gambe, mentre Federica Sciarelli mi riprendeva con l’iPhone. Ho visto cose che voi umani. E soprattutto, ho visto cose che voi genitori. E le ho viste fin dalla genesi, dalla scintilla infernale che ha partorito questo delirio mediatico, quando un programma che dovrebbe aiutare a ritrovare persone di cui si sono perse le tracce, ha deciso di fornirci le tracce dettagliate di un bambino che è colpevole solo di trovarsi frullato in un corto circuito di conflitti genitoriali devastanti e una giustizia lenta, confusa, troppo ambigua e inefficace quando si parla di bambini contesi. Perchè la prima domanda che mi faccio, da madre separata con un figlio di otto anni, è come sia possibile compiere la scelta di mandare in onda un video del genere senza preoccuparsi minimamente delle conseguenze irreversibili che una decisione del genere comporta. Non saranno i pixel sulla faccia a proteggere quel bambino, un domani, dallo scempio di rivedersi mentre le sue scarpe grattano l’asfalto, il papà lo trascina come un sacco di patate, i poliziotti gli tengono i piedi come a un ferito di guerra e la zia amorevole lo riprende col telefonino per mandare il video a Chi l’ha visto. Mi chiedo  perché quel video non sia finito in mano a un avvocato e a un giudice, anziché in pasto allo Share-lli. Mi chiedo sì, che razza di padre sia quello che tira per i piedi un figlio davanti alla scuola, ma anche che madre sia quella che trascina il figlio per i piedi in televisione, infilandolo nel secchio zozzo delle frattaglie con cui sfamare le bestie voraci di questa tv.  Mi chiedo che tv sia quella che si sfama di questo. E ho visto  i conduttori che ci mangiano, da quel secchio, leccando pure il fondo, parlare di rispetto e attenzione per quel bambino, fingendo scrupoli ridicoli. I pixel sulla faccia del minore, come no. Mara Venier e Barbara D’Urso che si scusano perchè qualcuno durante La vita in diretta o Pomeriggio 5 ha pronunciato il nome del bimbo, rispettiamo la sua privacy.  Certo, perché  sarà il suo nome a renderlo riconoscibile, non le belle facce di mamma e papà nei salotti della Venier e della D’Urso. Immagino che quando tornerà a scuola tutti capiranno che è QUEL Leonardo, perché di Leonardo da Roma in su c’è solo lui, non perchè ad accompagnarlo a scuola saranno quella mamma che parlava di lui in tv senza pixel e quel papà che raccontava la sua storia su Rai1, tra un servizio sui formaggi sardi e uno sul battesimo della figlia della Marcuzzi. Ho visto Alessandra Mussolini prendere così a cuore questa vicenda da decidere di andare a trovare il bambino nella casa protetta in cui si trova per rassicurare la madre sul suo stato mentale e psicologico. Ora, a parte il dramma surreale di questo povero bambino che finisce in una casa protetta che non riesce a proteggerlo neppure da Alessandra Mussolini, il punto fondamentale è che la Mussolini s’è presentata lì fuori con le telecamere di Pomeriggio 5. E qui la cosa va sottolineata bene: il presidente della commissione parlamentare dei diritti per l’infanzia va a trovare un minore la cui vita è già stata  spettacolarizzata come la strizzata di tette della Del Basso sotto la doccia del Grande fratello, e lo fa con le telecamere. Ma soprattutto, dopo che ha visto il minore, racconta alla madre come sta suo figlio e cosa le ha detto, non durante una telefonata privata, commossa, toccante. No, in diretta tv. Se riuscite, rivedete questo passaggio, perché è un momento televisivo di rara ipocrisia. Prima viene mandato in onda il video di una volontaria di quella casa famiglia che rassicura tutti e dice che il bambino è sereno, dorme, gioca a Super Mario Bros. Poi, arriva la Mussolini, che con pause ad effetto, frasi opportunamente smozzicate, preventive rassicurazioni alla madre, le dice che lei purtroppo lo deve rivelare, non può mentire e non le interessa quello che dice il garante della privacy, che andrà in galera ma deve riferire quello che il bambino le ha detto.  E lì uno si aspetta rivelazioni shock del tipo «è legato alla gamba del letto e lo sottopongono a elettroshock», mentre il punto, per giunta vago e argomentato con scarsa chiarezza, è che «il bambino è provato». «Vuole andare dalla mamma». «Ha un po’ male alla schiena». «Non si relaziona con gli adulti, voleva andare a giocare con gli altri bambini». E voglio dire, un bambino che preferisce i coetanei alla Mussolini mi pare piuttosto lucido. Il tutto, davanti alla D’Urso che rassicura il Garante sull’estrema attenzione per la privacy del bambino e la madre in lacrime che, nel frattempo, ricorda a tutti che dal filmato fuori dalla scuola sono state tagliate le parolacce che il bambino gridava al padre, tanto perché c’era bisogno di aggiungere qualche particolare osceno a questa allegra vicenda.  Il tutto, naturalmente, condito dal tormentone salva-coscienza «lo facciamo per il bene del bambino». Nessuno, ha fatto il bene del bambino, in questa storia, sia chiaro. E nessuno lo ha fatto perché  quella del bambino di Padova è  la storia  esasperata, perversa e dolorosa di tutte le separazioni più incivili e tormentate. Quelle, appunto, in cui si smette di pensare al bene del bambino e di fronte alla spada di Salomone, si lascia che la lama affondi nella carne di un innocente. Magari a favore di telecamera. E che chi l’ha trascinato per le gambe, filmato come un concerto e portato nei salotti tv, tenga bene a mente che il bambino diviso in due dalla spada, perderà l’infanzia una seconda volta e in un momento preciso: quando andrà su google, su youtube e su tutti i siti che avranno sempre memoria dello scempio che si è fatto della sua infanzia.  E se a lui hanno diagnosticato un’alienazione parentale, io, dopo questa vicenda, ho una feroce e virulenta alienazione mediatica. di Selvaggia Lucarelli

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