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Ilva, altri sette arresti: c'è anche l'ex vicepresidente

Gli indagati sono accusato di pressioni sugli enti locali per ottenere favori per l'azienda. Tra la altre accuse, disastro ambientale, concussione e associazione a delinquere
di Andrea Tempestini venerdì 30 novembre 2012

L\'Ilva di Taranto

2' di lettura

Ancora una novità giudiziaria sulla vicenda Ilva: gli uomini della Guardia di Finanza hanno eseguito una serie di arresti a Taranto e in altre regioni che riguardano i vertici della società, politici e funzionari pubblici. Sono successivamente stati attuati anche altri sequestri. Al termine dell'operazione, sono tre le persone finite in carcere e quattro agli arresti domiciliari, accusate a vario titolo di associazione per delinquere, disastro ambientale e concussione. L'indagine - Nel dettaglio, secondo quanto si è appreso, le ordinanze di custodia cautelare emesse dal Gip di Taranto chiamerebbero nuovamente in causa la famiglia Riva, e anche funzionari e politici di enti locali pugliesi. Gli investigatori indagano su una serie di pressioni che l'Ilva avrebbe effettuato sulle amministrazioni pubbliche per ottenere provvedimenti a suo favore e ridimensionare così gli effetti delle autorizzazioni ambientali. Gli arresti - Le misure cautelari sono state notificate a Fabio Riva, vicepresidente del gruppo Riva e figlio di Emilio Riva (già ai domiciliari dal 26 luglio scorso), Luigi Capogrosso, ex direttore del siderurgico di Taranto anche lui già ai domiciliari; Michele Conserva, ex assessore all'Ambiente della Provincia di Taranto dimessosi nei mesi scorsi. In carcere è finito Girolamo Archinà, ex dirigente Ilva per i rapporti istituzionali licenziato ad agosto dal presidente dell'Ilva Bruno Ferrante, quando la procura depositò al Riesame intercettazioni riguardanti pressioni esercitate su politici e consulenti.  Il filone dell'inchiesta - Le persone finite in manette sono legate alla seconda inchiesta che riguarda anche l'Ilva, chiamata "enviroment sold out", ossia ambiente svenduto, un'indagine curata dal pm Remo Epifani che si concentra su presunti episodi di corruzione legati alla gestione di discariche nella provincia di Taranto. Una terza misura cautelare riguarda un nuovo sequestro che, secondo quanto hanno spiegato fonti vicine alla procura, dovrebbe chiudere il cerchio sull'inchiesta per disastro ambientale.

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