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Green pass, "primi a chiudere e ultimi a riaprire": il piano suicida di Roberto Speranza, conferme a Palazzo Chigi

di Alessandro Gonzato mercoledì 16 marzo 2022

3' di lettura

Primi a chiudere, ultimi a riaprire. Intanto proseguono le riunioni tra Mario Draghi, il ministro della Salute Roberto Speranza, il coordinatore del Comitato tecnico -scientifico Franco Locatelli e il presidente dell'Istituto superiore di Sanità Silvio Brusaferro - ieri mattina ennesimo "tavolo" a Palazzo Chigi e mentre il premier pur senza grande convinzione vorrebbe riconsegnare il prima possibile ai cittadini le piene libertà dopo due anni di restrizioni e ora il carovita schizzato alle stelle, i suoi "tecnici" continuano a frenare, agitano lo spettro di nuove ondate di Covid, temono di perdere il potere acquisito dall'insorgere del virus.

REPARTI IN CONTROLLO - In mattinata, dal governo, filtrava ottimismo sulla possibilità che oggi fosse il giorno del definitivo decreto sulle riaperture, ma nel pomeriggio fonti dell'esecutivo hanno informato che «il testo in questione è ancora ballerino», che «tutto è ancora aperto». Trapela che si va «verso lo stop» dell'obbligo di green pass sul lavoro per gli over 50, ma nessuna data. E poi è «quasi certo" che sarà eliminato il green pass per lo sport all'aperto. Oggi è prevista una cosiddetta "cabina di regia" con i rappresentanti delle regioni. Nel frattempo si registra un rialzo dei casi quotidiani - che però al momento tra i medici non desta molta preoccupazione, soprattutto per il livello d'occupazione delle terapie intensive (nei reparti di rianimazione ci sono 16 persone in meno di lunedì, e questo è il dato più importante)- che potrebbe essere l'assist perfetto per il rigorismo di Speranza, Cts e Iss. D'altro canto, in Francia in una settimana il numero di infezioni è salito del 20%, ma il governo ha confermato il piano deciso settimane fa, e così da tre giorni nella maggior parte dei luoghi pubblici non è più necessario esibire il green pass né indossare la mascherina, nemmeno in ufficio e a scuola, dove si entra con un protocollo sanitario semplificato. Sempre in Francia, dove peraltro la percentuale di popolazione vaccinata è inferiore alla nostra, per andare in ristoranti, bar, cinema, teatri e allo stadio non serve più il lasciapassare. Tra le pochissime eccezioni ci sono i centri per anziani e persone non autosufficienti, in cui si può entrare solo se si è vaccinati o con l'esito negativo di un tampone. In Italia, invece, navighiamo ancora a vista. Sappiamo che il 31 marzo decadrà lo stato d'emergenza, ma ciò non porterà al ritorno alla vita pre-pandemia. Dal primo aprile non dovrebbe più essere obbligatorio il green pass per sedersi, all'esterno, ai tavoli di ristoranti e bar: il green pass rafforzato all'interno, però, dovrebbe resistere fino al primo maggio. Sino a fine marzo permane il pass base anche per andare dal parrucchiere. Nei cinema e teatri al chiuso il super green pass potrebbe rimanere addirittura fino al primo giugno: nelle sale da concerto fino al 31 maggio resisterà pure la Ffp2. Allo stadio, lo ha annunciato il sottosegretario alla Salute, Andrea Costa, la capienza massima tornerà ad aprile. Il 1° aprile dovrebbe essere anche il giorno in cui sarà archiviata la certificazione rafforzata sui mezzi pubblici.

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PIEDI DI PIOMBO - Molto più incerta la data dell'abolizione dell'obbligo vaccinale per i lavoratori over 50, che dal 2 maggio potrebbero tornare al lavoro con un tampone negativo: Costa ha già annunciato che in ogni caso l'obbligo vaccinale rimarrà valido fino al 15 giugno, così come la multa di 100 euro per i trasgressori, ma si tratta di un deterrente ridicolo. Il capo dell'Iss Brusaferro ha dichiarato che non è un mago (ma dai!), che «le previsioni» non sa farle (ma no!) ma che «possiamo analizzare i dati». Li ha analizzati: «I dati di venerdì scorso mostrano come la discesa rapida della variante Omicron s' è fermata, c'è un chiaro trend in controtendenza (tutto chiaro?) che è confermato e coerente con gli altri Paesi dell'Unione Europea». Speranza ha detto che «la pandemia può aver influito sull'abuso di alcol». La pandemia e non solo.

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