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Salario, le origini della parola e come cambia il significato lungo i secoli

di Massimo Arcangeli martedì 1 agosto 2023

2' di lettura

Fra i significati di salario registrati lungo i secoli c’è quello di “onorario” e di “vitalizio”, di “retta” (riferito al mantenimento di una persona accolta all’interno di un convento) e di “paghetta” («Mi sembra d’essere tornata ragazzina, e presa in sé, è una sensazione fastidiosa. Mio padre mi passa un salario, ora crede sia andata da mia sorella: come se facessi forca a scuola. Per fortuna, presto riprendo a lavorare», Vasco Pratolini, La costanza della ragione, 1963). Anticamente un salario poteva inoltre essere corrisposto, in cambio di un lavoro, di un servizio, di una prestazione professionale, ecc., in forme diverse da un pagamento in denaro: «E così avvenne, che quelli ch’erano entrati nell’orto per furare, prima lavorarono; e Isaac benignamente per salario della fatica loro diede loro mangiare e bere, ed erbe assai, perle quali furare eran venuti» (Domenico Cavalca, Volgarizzamento del dialogo di san Gregorio e dell’epistola di s. Girolamo ad Eustochio opera di fra D. C. con alcune poesie dello stesso, 1840, Milano, Giovanni Silvestri, p. 196).

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Salario, parola già documentata nell’italiano duecentesco, trae origine dal latino salarium, un derivato dell’aggettivo salarius, “del sale, concernente il sale”. Alla base del termine c’è proprio il sale (latino sal), e il legame etimologico fra il prezioso minerale e la somma di denaro corrisposta a un dipendente a titolo di retribuzione è presto spiegato: «il sostantivo salarium indicò dapprima la razione di sale corrisposta in particolare a militari e impiegati civili, poi un’indennità, sostitutiva della razione, destinata a comprarsi il sale, infine, durante l’Impero, passò al significato estensivo, continuatosi poi in italiano e in altre lingue romanze, di “paga”, “stipendio”, “retribuzione del lavoro”» (Emidio De Felice, Le parole d’oggi. Il lessico quotidiano, religioso, intellettuale, politico, economico, scientifico, dell’arte e dei media, Milano, Arnoldo Mondadori, 1984, p. 134). La parola è attestata anche nelle forme salare, sallario e salaro (Siena, 1288), con lo stesso suffisso di regionalismi come calamaro e cinematografaro, borgataro e paninaro.

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