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Insulti a Libero, la solidarietà di Salvini: "Presunte femministe, estremisti di sinistra"

giovedì 23 novembre 2023

2' di lettura

"Solidarietà a Libero, bersagliato da insulti di presunte femministe ed estremisti di sinistra, scese in piazza dopo il brutale assassinio di Giulia Cecchettin". Matteo Salvini, leader della Lega e vicepremier, esprime solidarietà al nostro quotidiano particolarmente preso di mira dai partecipanti del corteo di mercoledì pomeriggio a Milano e non solo. 

Un omaggio a Giulia che si è trasformato ben presto in un processo politico anche a chi, come Libero appunto, ha chiesto di non creare un clima di "caccia al maschio" e di non generalizzare inserendo sotto l'etichetta "patriarcato" anche i comportamenti criminali e più abietti. Una estremizzazione ideologica che non aiuta di certo a migliorare la situazione e che anzi rischia di inquinare ulteriormente la discussione. Come gli stessi eccessi dei manifestanti dimostra.

"La libertà di stampa va difesa sempre, confido che tutto il mondo politico esprima sostegno alla redazione", le parole di Salvini. Dopo aver manifestato davanti al Tribunale di Milano, srotolando lo striscione "Se domani sono io, se domani non torno, sorelle distruggete tutto! Per Giulia e tutte le sorelle uccise", i partecipanti al corteo, per la stragrande maggioranza donne e giovanissime, hanno proseguito fino a Porta Venezia. Passando davanti alla sede di Libero sono piovuti insulti e fischi all'indirizzo della redazione. Una ragazza ha poi spiegato, candidamente, che la protesta è dettata dal fatto che i giornalisti di Libero sono tutti "fascisti, razzisti, sessisti, omofobi" nonché titolisti "di mer***a" artefici di una "narrazione tossica, violenta e patriarcale". 

Libero è "in buona compagnia" se così si può dire, perché le femministe sedicenti "anti-violenza" hanno inserito nel calderone dei "complici attivi" di stupri e violenze contro le donne addirittura "insegnanti e forze dell'ordine". D'altronde, era stata proprio Elena Cecchettin, sorella di Giulia, a parlare per prima di "omicidi di Stato".

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