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Roma, occupano il liceo? Esplode la rivolta contro il collettivo di sinistra

di Antonio Rapisarda giovedì 14 dicembre 2023

3' di lettura

L’onda delle occupazioni a Roma inizia a schiantarsi sul muro della “maggioranza silenziosa” degli studenti. Che – insieme ai presidi – hanno scelto di dire «basta» alla più abusata e arbitraria delle pratiche della sinistra extraparlamentare. A maggior ragione quando è mossa solo da scopi ideologici.

È ciò che sta accadendo al Liceo Ginnasio “Giulio Cesare”, uno dei più importanti della Capitale, che ieri è stato occupato, come altri istituti della città, da una delle sigle utilizzate dagli autonomi: Collettivo Zero alibi. Le motivazioni di quest’ultimi? La solita solfa, infarcita di luogocomunismo, che va in scena ininterrottamente dal ‘68: il periodo storico di «stallo e incertezza», la precarietà lavorativa, la crisi climatica e ovviamente i «terribili conflitti in corso». Tutte questioni su cui secondo i collettivi – che hanno esposto sui muri scritte anti-Meloni – «la politica non riesce a fornire risposte concrete».

Si dirà: sono ragazzi. Già, ma i guai che combinano, non solo in termini di danneggiamenti (per non parlare delle feste, i dj-set e le braciolate promosse come «attività» durante le occupazioni), riguardano tutti. Lo dimostra la vicenda di un altro liceo romano, il Mamiani, dove l’occupazione potrebbe impedire, a causa dello stop alle pratiche amministrative, di accedere ai fondi del Pnrr. Per tale motivo la dirigente scolastica Tiziana Sallusti, così come in altri suoi omologhi si accingono a fare, è pronta a presentare il “conto” ai genitori degli occupanti: i 64mila euro già spesi.

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Ma torniamo al Giulio Cesare. Anche qui la risposta della preside, Paola Senesi, non si è fatta attendere. In un comunicato ha denunciato come «una minoranza di studenti» si è introdotta «nottetempo nell’Istituto, violando la legalità e negando di fatto l’esercizio del diritto allo studio per gli studenti e del diritto di svolgere il proprio lavoro e ruolo a tutto il personale scolastico». La preside (che ha denunciato l’atto «ingiustificato» chiedendo lo sgombero immediato) ha ragione da vendere: si tratta una sparuta minoranza, dato che – come risulta a Libero – gli autonomi di Zero alibi hanno dovuto chiedere aiuto al collettivo esterno Osa per procedere all’occupazione. Segno che costoro sono poco rappresentativi dell’identità politica dell’istituto. A dimostrarlo non solo la dissociazione di 3 rappresentanti d’istituto su 4 dall’occupazione ma la condivisione, da parte della stragrande maggioranza degli studenti, di un comunicato al vetriolo contro il Collettivo: accusato «di propagare un ideale legato a un mondo culturalmente e politicamente dissociato dalla realtà della nostra scuola». Punto focale dell’attacco non è tanto il metodo di protesta quanto le motivazioni: «Si è preferito porre l’accento su una sola linea di pensiero portando nella nostra scuola temi di attualità in assenza di qualunque tipo di controparte politica». L’accusa ai collettivi è chiara: prestare il fianco «al puro indottrinamento politico».

Sulla stessa linea il comunicato della lista di destra del Giulio Cesare – “Vola alto” – che ha parlato di un’occupazione «becera, vigliacca e strumentale che ha alla base motivazioni totalmente distanti dalla maggioranza degli studenti». Un’occupazione che, anziché cercare la mediazione, «cerca di far prevalere le idee di una certa parte politica senza parlare di problemi del nostro liceo». Uno di questi sarebbe l’elevato costo dei viaggi d’istruzione: «Se non fosse che – e qui torniamo al comunicato comune – , a causa dell’occupazione, tre classi terze perderanno l’occasione di andare il 16 dicembre a Madrid perdendo i 700 euro spesi». Il motivo della beffa è chiaro: tutti i documenti necessari si trovano negli uffici della dirigenza e della segretaria, ormai inaccessibili. Davanti a tutto ciò la reazione della “maggioranza silenziosa” del Giulio Cesare è una lezione di maturità: «L’invito agli studenti che esprimono il loro dissenso verso questo gesto è quello di “disoccupare”, riflettendo sul non creare ulteriore divisioni e scontri che non sono mai appartenenti alla dinamica pluralista che dà lustro al nostro istituto».

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