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Una truffa della madonnina: "Il sangue? Della 'santona'"

di Claudia Osmetti martedì 15 ottobre 2024

3' di lettura

La procura, certo, fa la procura. Cioè indaga per accertare se sussistano o meno eventuali aspetti penali; codice alla mano, articolo cantante, procedura in punta di diritto. Non può andare oltre, non può interferire nelle questioni religiose: soprattutto se queste sono già passate al vaglio dell’autorità ecclesiastica (la quale, tra l’altro, le ha bollate come prive di qualsiasi «soprannaturalità»). Però, ecco, se adesso, Alberto Liguori, che è il procuratore di Civitavecchia, nel Lazio, si sente in dovere di far sapere con una nota pubblica, urbi et orbi, che «il nostro compito è capire se i fedeli si siano sentiti truffati o se abbiano agito per ritorsione», qualche motivo c’è. 

C’è, per esempio, che Gisella Cardia, la sedicente veggente siciliana che fino a poco tempo fa, ogni tre del mese, su una collina vicino a Trevignano Romano, nell’hinterland della capitale, si riuniva in preghiera con tanti, tantissimi credenti affermando di avere un filo diretto con la Madonna (e quindi di riportare i suoi celesti messaggi), ha un’inchiesta aperta a suo carico con «l’ipotesi accusatoria di truffa in concorso» e non è poco. C’è che a denunciarla (e a querelarla) sono stati proprio loro, alcuni (non tutti) degli ex fedeli che prima erano vicino alla sua associazione a adesso, semmai, sono vicini a dubitare di quel che han visto.

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E c’è persino che gli approfondimenti tecnici condotti in passato su alcuni oggetti legati al caso (in particolare due statuette, una della Vergine e un quadro del Cristo) potrebbero essere viziati da «incertezze di metodo», che nel linguaggio giuridico significa che occorre rivederli: primo perché un procedimento, per la giustizia terrena, è un fatto di cavilli e di forma (e per fortuna sennò si scatenerebbe il caos) e secondo perché questo sistema di garanzia è a tutela non solo degli indagati, ma anche delle parti lese. Servono conferme, insomma, dice Liguori, ma servono conferme ufficiali: «Le verifiche si sono rese necessarie dopo che, nel corso di una trasmissione televisiva andata in onda a giugno, è stato introdotto il tema degli esiti di questi accertamenti con affermazioni meritevoli» di un’esame ulteriore. Per questo la procura ha già acquisito la registrazione della puntata dello show nella quale ci sarebbero alcune esternazioni di qualche ospite che «ha riferito che tra i parrocchiani circolava la notizia dell’appartenenza alla signora Gisella delle tracce di sangue repertare» sia sulla statuetta che sul dipinto.

Quelle tracce ematiche, in poche parole, non sarebbero un miracolo, men che meno un segno divino, ma apparterebbero semplicemente alla “veggente” di Trevignano. Tutto ancora da provare (ufficialmente) e tutto ancora da chiarire: in una vicenda che complessa lo è sotto numerosi aspetti e che si trascina (quantomeno in sede legale) almeno dal 2016, dall’anno in cui Cardia è stata indagata per la prima volta (l’inchiesta è stata riaperta l’anno passato a seguito delle ultime denunce). Questo genere di segnalazioni, tra l’altro, lo conoscono bene al Cicap, nome in codice che sta per Comitato italiano per il controllo delle affermazioni sulle pseudoscienze: quello delle “Madonne piangenti”, infatti, è un fenomeno quasi esclusivamente italiano, che riempie «tre faldoni di casi simili» (raccontava, qualche mese fa, Luigi Garlaschelli del Cicap) e che ha «sempre lo stesso copione»: ossia che «quando si può investigare correttamente e con metodo scientifico, le statue smettono di versare sangue e si trova una spiegazione».

Spiegazione che probabilmente va cercata spulciando anche altri dati, per esempio quelli dell’osservatorio Antiplagio il quale stima che siano circa tre milioni gli italiani che si rivolgono agli oltre 160mila maghi, santoni o cartomanti che contiamo nelle nostre città; che però se si alza il tiro a chi ha richiesto una “consulenza” almeno una volta nella vita si arriva a una cifra oltre che raddoppiata (tra i dieci e i tredici milioni di persone); e che (qui tuttavia i numeri sono del Codacons) il fatturato complessivo di questo genere di attività frutta qualcosa come otto miliardi di euro, che è più o meno quanto spendiamo (tutti assieme) per le cure odontoiatriche nazionali. La vecchia e cara legge della domanda e dell’offerta, s’intende: che muove il mercato e, forse, in questi frangenti, lo muove anche un po’ troppo.

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