In un passo famoso del De vulgari eloquentia (I, XVI, 6), scritto in lingua latina, Dante mette sugli scudi il perfetto volgare, giudicato più nobile del latino “per natura” (nel Convivio era stato invece il latino a essere ritenuto più nobile dal poeta, stavolta “per arte”), attribuendogli quattro qualità: illustre, aulico (‘regale’), curiale e cardinale. Illustre, perché dà luce e quando ne è investito, come farebbe una persona illuminata, la riflette e la diffonde su qualunque cosa. Aulico, perché se l’Italia avesse una reggia vi troverebbe alloggio (nessun altro luogo sarebbe anzi altrettanto degno di ospitarlo). Curiale, perché altrettanto degno di un’unica corte (se l’Italia l’avesse, ma non ha neanche questa). Cardinale, perché come una porta si muove nel senso del cardine, piegandosi verso l’interno o aprendosi verso l’esterno, così “tutto il gregge dei volgari municipali” («universus municipalium grex vulgarium»; ibid., I, XVIII, 1), sparsi per la penisola, ruota attorno a quel volgare perfetto, obbedendo a ogni suo ordine di muoversi odi fermarsi.
In Marco Vitruvio Pollione gli scapi cardinales erano gli stipiti fissi – verticali – di una porta (De architectura, IV, 6, 4), più esattamente le «erte che da’ due lati delle partite erano immesse ne’ cardines, su’ quali le partite stesse volgeansi»: Emilio Braun, Ragguaglio de’ lavori dell’Accademia Ercolanese per l’anno 1835, letto nella pubblica tornata de’ 30 giugno 1836 dal cav. F. M. Avellino segretario perpetuo (...), “Bullettino dell’Instituto di corrispondenza archeologica”, X, 1838, n. 5 (maggio), p. 59. In epoca classica l’aggettivo cardinalis, per estensione, significò ‘principale’, in riferimento a cose diverse (come i numeri naturali: uno, due, tre, ecc.), prima di evolvere, nel latino ecclesiastico, nelle virtù (virtutes) cardinali di Sant’Ambrogio (IV sec. d. C.) e nei “vescovi cardinali” (cardinales episcopus) di papa Gregorio I (morto nel 604 d. C.). Al tempo del cristianissimo imperatore Teodosio (347-395) si attribuiva l’appellativo di cardinales ad alcuni funzionari civili titolari, come il praefectus Africae, di cariche di rilievo.