Piacenza, violenze sessuali in ospedale su dottoresse e infermiere: arresto choc

di Nicoletta Orlandi Postigiovedì 8 maggio 2025
Piacenza, violenze sessuali in ospedale su dottoresse e infermiere: arresto choc
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Tutti sapevano, ma nessuno fiatava. Solo il coraggio di una donna ha permesso di smascherare il mostro che si nascondeva sotto il camice bianco da primario degli ospedali civici di Piacenza. Il medico, noto e influente, è stato arrestato dalla Polizia di Stato con l’accusa di violenza sessuale aggravata e atti persecutori ai danni di dottoresse e infermiere del reparto da lui diretto. Un’indagine meticolosa della Squadra Mobile, supportata da intercettazioni ambientali e telefoniche, ha rivelato un sistema predatorio che si nutriva di paura, silenzio e impunità. Tutto ha avuto origine dalla denuncia coraggiosa di una donna medico che, recatasi nell’ufficio del primario per discutere delle ferie, è stata chiusa a chiave, sbattuta contro un mobile e costretta a subire atti sessuali. Solo il provvidenziale arrivo di un collega, che ha bussato alla porta, ha interrotto l’aggressione. Da lì, il vaso di Pandora si è aperto. In appena 45 giorni di indagini attive, gli inquirenti hanno documentato 32 episodi tra violenze, rapporti sessuali completi e atti orali, spesso consumati durante l’orario di servizio, nel suo ufficio, trasformato in teatro di orrore.

Un «inquietante scenario», così lo hanno definito gli investigatori, reso possibile da un clima di grave omertà: molte vittime, pur conoscendo i fatti, inizialmente si sono rifiutate di parlare per timore di ritorsioni professionali e familiari. Una seconda dottoressa ha trovato il coraggio di denunciare, per poi ritrattare il giorno seguente, sopraffatta dalle conseguenze. Eppure, le vittime confermate sono già numerose, e le forze dell’ordine sospettano che si tratti solo di una parte delle donne che hanno subito quegli abusi.

Secondo le testimonianze e le intercettazioni, entrare da sole nell’ufficio del primario equivaleva a essere preda designata. L’uomo non solo agiva indisturbato, ma si vantava apertamente con i colleghi maschi dei suoi soprusi, ricevendo addirittura suggerimenti su nuove pratiche sessuali da infliggere. Un episodio particolarmente disturbante racconta di come, dopo aver molestato una collega, abbia convocato un’altra – consenziente – per “sfogarsi”. Quello che emerge non è solo il profilo di un molestatore seriale, ma il ritratto deformato di un ambiente di lavoro contaminato, dove la posizione di potere ha protetto l’aguzzino e isolato le vittime. La stessa posizione di potere che ha fatto in modo che non circolasse il nome del professionista di Piacenza a differenza di tanti altri balordi che non possono vantare amicizie importanti come lui. Il che rende il caso degli Ospedali Civici uno specchio di dinamiche tossiche presenti in molte posti di lavoro, dove il potere si trasforma in strumento di dominio e la paura zittisce la giustizia.

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