Non sarebbe stata una bocciatura, quella di monsignor Pietro Parolin, ma un vero "passo indietro". L'elezione a sorpresa del cardinale americano Robert Francis Prevost, nuovo Leone XIV, conferma un vecchio detto sul Conclave: chi entra Papa, esce cardinale. E così è stato anche per il segretario di Stato uscente, veneto, grande favorito della vigilia. La nomina rapida, appena al quarto scrutinio, per alcuni lunghi minuti aveva fatto pensare a lui come Pontefice dopo Bergoglio, anche in piazza San Pietro. E non a caso, all'annuncio di Prevost, dal sagrato si è levato più di un "oh" di sorpresa mista a delusione.
Secondo il Corriere della Sera, però, qualcosa in Cappella Sistina è successo. "Sulla Loggia delle Benedizioni Prevost non si è presentato da solo. Accanto a sé ha voluto Pietro Parolin", nota il retroscena di Virginia Piccolillo. "Quell’averlo voluto accanto, prima della benedizione Urbi et Orbi, è stato il segnale più evidente che tra i due non c’è stata, né ci sarà, alcuna ostilità". Quasi un ticket, anche se il ruolo di futuro "ministro degli Esteri" del Vaticano è ancora tutto da decidere. Un segno di continuità, sicuramente, secondo la lezione storica della Chiesa romana che non ama alcun tipo di scossone rivoluzionario.
Ma perché Parolin, per dirla con termini della politica, non ce l'ha fatta? "Le voci di dentro, parlano di un Conclave che si è aperto con la conta dei voti che ha mostrato un numero consistente di preferenze per Parolin, ma non tale da poter raggiungere una condivisione granitica". Giovedì mattina si parlava, non a caso, di 30 voti mancanti. Non pochi, su 133 elettori complessivi, ma l'intesa (presunta) con un altro papabile, il cardinale filippino Luis Tagle, sembrava poter garantire all'italiano buone chance di spuntarla. Di fronte però alla difficoltà di riunire intorno al proprio nome la maggioranza di progressisti e conservatori, bergogliani e ratzingeriani, "occidentali" ed "esotici", ecco dunque la svolta. "Ieri, dentro le mura leonine, c’era chi sussurrava di un suo generoso passo indietro con preferenze pilotate in favore del candidato in ascesa, Prevost. E c’era persino chi favoleggiava che il passo indietro di Parolin fosse stato all’origine del grande ritardo con cui è apparsa la fumata nera del primo giorno. Ricostruzioni difficili da verificare nel segreto, pena scomunica, imposto ai Cardinali". Di certo torna d'attualità quanto sussurrato giovedì mattina, dopo la seconda fumata nera su tre votazioni: "Significa che ancora l'accordo su Parolin non c'è, e dunque si fa difficile".
"Quel che è certo - prosegue il Corsera - è però che Prevost abbia potuto beneficiare dello scontro sotterraneo che in questo Conclave ha diviso i cardinali del Nord America da quelli dei Paesi sudamericani. Ma anche che sia stato favorito, e non poco, dell’eco della sua presa di posizione contro la scelta di Donald Trump di cancellare oltre il 90 per cento di aiuti internazionali gestiti da UsAid: definita 'scelta criminale'".