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Martellate sulla giustizia

Il caso Garlasco si compone di tre misteri e un mistero nel mistero, è ormai un racconto da “legal thriller” di cui la mano invisibile dell’autore non riesce più a controllare la trama
di Mario Sechi venerdì 16 maggio 2025

3' di lettura

Il caso Garlasco si compone di tre misteri e un mistero nel mistero, è ormai un racconto da “legal thriller” di cui la mano invisibile dell’autore non riesce più a controllare la trama. Ho fatto il capocronista per anni in diversi giornali e città e questo mi pare un rompicapo tra i più grandi, proverò a riordinare i fili sparsi qua e là. Il primo mistero è quello più semplice, la chiave di tutto, l’assassino. A questo punto della storia nessuno crede più alla verità processuale: Stasi è colpevole o è un incolpevole che è finito in una incredibile macchina che gli ha mangiato un pezzo di vita? Quello che dicono le carte è del tutto irrilevante rispetto a ciò che viene percepito dal tribunale del dibattito politico. L’assassino non c’è, girano vorticosamente tante versioni dei fatti e alla fine il risultato è che sparisce perfino il delitto, va in secondo piano, e questa scomparsa diventa una terribile verità.

Il secondo mistero è quello dell’indagine perché l’uomo della strada si chiede come sia stato possibile che dal 13 agosto del 2007 a oggi siano stati compiuti così tanti errori, dimenticati così tanti dettagli, omessi così tanti passaggi. Si comincia con la compromissio-ne della scena del delitto, si va avanti con una caotica raccolta delle testimonianze, si smarriscono reperti importanti, non si fanno ricerche che oggi vengono considerate fondamentali e il risultato è un racconto impazzito dove Stasi, Sempio e la povera Chiara Poggi sono tutti sottoposti a un verdetto alternativo in ritardo per sempre.

Il terzo punto è il mistero nel mistero, cioè il perché Chiara Poggi è morta, quello che si definisce movente. Non si sa nulla e questo gigantesco buco nero è il frutto del primo mistero (l’assassino) sommato al secondo mistero (l’indagine) che esplode nel mistero della ragione o della pazzia che ha condotto alla fine della Poggi in una sonnecchiosa mattinata estiva del 2007.
Il mistero è una fonte inesauribile della trama del poliziesco e nel caso di Garlasco sta sconfinando in un altro genere chiamato non a caso “mistery”, un racconto sinistro dove emergono fantasmi, simboli, coincidenze, nomi che hanno un doppio significato. Non è quel che si direbbe un “cold case”, è lontanissimo dal caso freddo che viene improvvisamente risolto perché emerge una prova regina, qui quello che straripa è una enorme confusione che va avanti da 18 anni, quasi gli anni di galera che si è fatto Stasi. Alla fine nel racconto c’è una grande scomparsa: la giustizia. C’è Stasi, il colpevole sulla carta del processo, c’è Sempio, il colpevole sulla carta dei giornali, ci sono le gemelle Cappa, a loro volta colpevoli degli sms, poi ci sono gli oggetti inanimati che sembra di veder roteare: il martello (lo cercano in un canale 18 anni dopo), l’attizzatoio, e poi un fiume rosso sangue di parole che sono il Codice da Vinci di un delitto irrisolto. Ho il sospetto che quando avranno trovato il colpevole, continuerà ad essere invisibile agli occhi di tutti i nostri lettori la bilancia della giustizia.

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