Le gemelle Paola e Stefania Cappa, nate il 28 ottobre 1984, sono le cugine di Chiara Poggi - figlie della sorella del papà - e non sono mai state indagate, né in passato né recentemente. I loro nomi, però, rimbalzano di nuovo nell’indagine sul delitto di Garlasco, avvenuto il 13 agosto 2007, dopo un presunto sms Whatsapp e due testimonianze. «Mi sa che abbiamo incastrato Stasi», avrebbe scritto Paola a un amico in uno dei 280 messaggi che, secondo il settimanale Giallo, sarebbero agli atti della nuova indagine della Procura di Pavia. Una frase che fuori dal contesto potrebbe avere significati differenti, ma che comunque, se confermata, avrebbe un peso non da poco soprattutto se abbinata ad altri eventuali sms o audio dello stesso tenore e argomento.
A far riparlare delle “gemelle K”così erano state soprannominata dalla stampa 18 anni fa- nei giorni scorsi, però, era stato anche il racconto di un testimone intervistato da Le Iene (e poi sentito in procura) un paio di mesi fa, il quale avrebbe spiegato di aver visto, quattro ore dopo l’assassinio, la gemella Stefania trascinare un pesante borsone all’interno della corte di una casa di Tormello (quella dei suoi nonni paterni che all’epoca era abitata dal fratello Cesare Cappa, i vacanza in Croazia il giorno dell’omicidio), cinque km da Garlasco, e poi avrebbe udito un tonfo in acqua. Ecco perche due giorni fa carabinieri e vigili del fuoco hanno dragato il canale che passa a fianco delle case del piccolo paese, in cerca dell’arma del delitto, dove hanno trovato materiale ritenuto «interessante». A convincere gli inquirenti a dare il via all’operazione, però, anche l’abbinamento a una diversa testimonianza, del 2007, nella quale veniva coinvolta ancora lei, Stefania Cappa.
In quel caso un altro testimone, Marco Muschitta, ai tempi dipendente dell’Asm Pavia, si era presentato volontariamente in procura a Vigevano quarantacinque giorni dopo l’omicidio e tre giorni dopo il primissimo arresto di Alberto Stasi (poi condannato a 16 anni, nel 2015, dopo essere stato assolto nei primi due gradi di giudizio) e aveva raccontato che la mattina del 13 agosto, mentre era impegnato nell’ispezione di alcuni tombini comunali, aveva notato una ragazza bionda, individuata proprio nella gemella Stefania, pedalare a zig zag in sella a una bicicletta nera con in un mano uno strumento da camino. Muschitta a fine deposizione però, dopo una pausa di più di un’ora, aveva ritrattato tutto a sorpresa: «Io sono venuto qua, ma non ne sono certamente sicuro di quello che ho detto, chiedo scusa. Mi sono inventato tutto quello che vi ho raccontato perché sono uno stupido».
Stefania (nel 2017 si è sposata con Emanuele Arioldi, figlio di “Annina” Rizzoli e del campione di equitazione Roberto: il pomeriggio dell’omicidio non stavano ancora insieme, ma era con lei in piscina) e Paola Cappa, che oggi hanno 40 anni e sono diventate rispettivamente avvocato specializzato in diritto penale societario e in diritto sportivo nel prestigioso studio legale del padre Ermanno Cappa, nel cuore di Brera, e food blogger, ai tempi erano sempre state viste con un po’ di curiosità e diffidenza per il modo con cui si erano poste nei confronti della stampa. Già, perché il giorno dopo l’omicidio della cugina le due ragazze si erano fatte immortalare dalle telecamere delle tv mentre portavano davanti alla villetta di via Pascoli un mazzo di fiori e una loro fotografia che le ritraeva insieme con Chiara. Erano i giorni in cui a Garlasco si presentava perfino Corona, in cui chi svolgeva le indagini stava goffamente inquinando una parte della scena del crimine e in cui i media cercavano notizie ovunque: in quel contesto, in pochissimo tempo, le due sorelle erano state smascherate. Sì, insomma, la fotografia era tarocca e avevano fatto costruire un fotomontaggio da una professionista del paese. A peggiorare la situazione, poi, era stato anche il “memoriale” che Paola aveva consegnato al settimanale Oggi, nel quale commentava l’immagine fingendo fosse vera: «Penso a quella fotografia dove siamo vestite di rosso.
È un’immagine che risale a cinque anni fa, all’unica vacanza fatta insieme a Loano ospiti di una zia». Il risultato era stato che le gemelle K (sei mesi dopo Paola, di fronte ai carabinieri, aveva ammesso: «è stata una cosa stupidissima») da quel momento erano state considerate da tutti poco affidabili e in cerca di visibilità. Ma che legame avevano realmente con Chiara? Che legame avevano tra loro? A raccontarsi erano state proprio loro durante vari interrogatori. «Io e mia cugina avevamo un ottimo rapporto- aveva spiegato Stefania ai carabinieri la sera del delitto - nell’ultimo mese ci vedevamo quasi tutti i giorni per il fatto che io, essendo stata lasciata dal fidanzato, avessi bisogno di qualcuno che mi capisse». «Sino all’età di 10-12 anni io e mia sorella giocavamo con la Chiara - aveva detto due giorni dopo Paola - anche se a dire il vero ricordo che la si doveva coinvolgere anche nei giochi perché era sempre taciturna e schiva... Eravamo diverse». Le due gemelle (il legame tra loro invece era conflittuale, tanto che Paola aveva spiegato: «Con mia sorella ho un rapporto di amore e odio. Amore perché è mia sorella e non accetterei mai che le succedesse una qualsiasi cosa che la facesse soffrire, odio perche scredita i miei studi ed è grazie a lei che ho conosciuto i disturbi alimentari») che in quel periodo erano particolarmente fragili per questioni di salute (Paola si era fatta male a un ginocchio e qualche giorno prima, secondo alcune testimonianze, avrebbe anche tentato il suicidio, mentre Stefania aveva problemi di sonno), ma anche sentimentali, nei prossimi giorni potrebbero essere risentite un’altra volta. A distanza di 18 anni.